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lano conti di Lavagno, fa sua cima; cioè fa sua altessa: imperò che infine a quil grado d’altessa montonno, che prima erano chiamati quelli dal Fiesco; poi ebbeno questa dignità, che funno chiamati conti di Lavagno. Un mese, e poco più; questo dice, perchè durò uno mese e viiii di’ nel papato, provai io; cioè papa Adriano, come Pesa il gran manto: cioè l’ammanto papale: per questo s’intende la gravezza de l’officio, lo quale per certo è di grande peso a chi vuole fare quello che s’appartiene al papa; cioè vivere santamente et onestamente; e però dice: a chi; cioè a colui lo quale, dal fango: cioè dal vizio e dal peccato, il guarda; cioè lo manto papale, che significa la dignità papale, Che; cioè lo quale ammanto, più m’assembra; cioè m’assimillia più, tutte l’altre some; cioè tutte l’altre gravezze che niuna altra gravessa che sia, si dè intendere. La mia conversion; cioè del peccato1 de la avarizia, oimè; ecco che se ne duole! fu tarda; questo dice, perchè penò troppo a correggersi di tal peccato. Ma come fatto fui roman pastore; cioè altresì tosto, com’io fui fatto papa di Roma, Così scopersi la vita bugiarda; cioè la vita de la felicità mondana, viziosa et imperfetta, la quale mostra quello che non è. Viddi; cioè io papa, che lì; cioè in questa vita mondana dei beni imperfetti, non si quetava il core; cioè non si contentava lo cuore umano, lo quale naturalmente cerca lo sommo bene; et infine che non l’à, mai non sta contento, Nè più salir poteasi in quella vita; cioè mondana; non si potea a sallire a più alta dignità, Perchè; cioè per la qual cosa, di questa in me s’accese amore; cioè creve2 lo desiderio di venire a la vita spirituale de la penitenzia, e purgazione dei peccati. Fin quel punto; cioè in fin ch’io penai a montare al papato, misera e partita Da Dio anima fui; cioè io papa Adriano, del tutto avara; cioè al tutto occupata da avarizia, Or, come vedi; cioè tu, Dante, qui; cioè in questo balso quinto, dove si purgano li avari che si penteno, io; cioè anima di papa Adriano, son punita; del peccato mio de la avarizia: veramente l’anima è in miseria, quando ella è in peccato et è partita da Dio, perchè ’l peccato e Dio non stanno insieme. Ogni uno, che è in peccato, è partito da Dio, e mai non ritorna a lui, se non cacciato via lo peccato e ritornato netto e mondo, come Iddio crea3 l’omo.

C. XIX — v. 115-126. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come lo detto papa li manifesta la pena, che quive sostegnano li avari per emendamento del loro peccato, dicendo: Quel

  1. C. M. del peccato de la ira, oimè;
  2. Creve; antica desinenza del perfetto del verbo crescere, la quale è foggiata sul latino crevit, come cognove da cognovit, ed altre presso i nostri Antichi. E.
  3. Crea; potrebb’essere qui voce del perfetto senza accento, come adoperarono talora i padri nostri, e che dai Grammatici non è stato avvertito. E.