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c a n t o   x i x. 441

130Qual cagion, disse, in giù così ti torse?
     Et io a lui: Per vostra dignitate
     Mia coscienzia dritta mi rimorse.
133Drizza le gambe, levati su, frate,
     Rispuose, non errar: conservo sono1
     Teco, e colli altri ad una podestate.
136Se mai quel santo evangelico sono,
     Che dice: Neque nubent, attendesti,2
     Ben puoi saper perchè così ragiono.3
139Vattene omai; non vo’ che più t’arresti:
     Chè la tua stanza mio pregar disagia,4
     Col qual maturo ciò che tu dicesti.
142Nipote ò io di là, ch’à nome Alagia,5
     Buona da sè, pur che la nostra casa
     Non faccia lei per esemplo malvagia;
145E questa sola di là m’è rimasa.

  1. v. 134. C. A. chè servo sono
  2. v. 137. C. A. intendesti,
  3. v. 138. C. A. puoi veder
  4. v. 140. C. A. mio purgar
  5. v. 142. Alagia del Fiesco, moglie che fu di Moroello Malaspina, marchese di Giovagallo, ebbe in tanta reverenza il sommo Poeta che indusse il marito a rendersi amico del Bianco Allighieri. E.

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C O M M E N T O


Ne l’ora che non può ’l calor diurno ec. In questo xix canto lo nostro autore finge come, seguendo Virgilio poi che fu svelliato da la visione che avea avuta, pervenne a la scala che sallie al quinto balso, dove finge che si purghi il peccato de l’avarizia. E principalmente si divide questo canto in due parti: imperò che prima finge come, svelliato da la visione seguitando Virgilio, pervenne a la montata al quinto balso; e come montando, dimandato da Virgilio perchè andava sì pensoso, manifesta la sua visione; e Virgilio lo conforta al montare suso, e montato su, dice quel che prima quive vede et ode. Ne la seconda manifesta lo peccato, che quive finge che si purghi e ’l modo de la purgazione: e come ebbe parlamento con