103Un mese, e poco più provai io come
Pesa il gran manto a chi dal fango il guarda,
Che più m’assembra tutte l’altre some.1
106La mia conversion, oimè! fu tarda;
Ma come fatto fui roman pastore,
Così scopersi la vita bugiarda.
109Viddi che lì non si quetava il core,
Nè più salir poteasi in quella vita;
Perchè di questa in me s’accese amore.
112Fin a quel punto misera e partita2
Da Dio anima fui, del tutto avara;
Or, come vedi, qui io son punita.3
115Quel ch’avarizia fa, qui si dischiara
In purgazion dell’anime converse;
E nulla pena il monte à più amara.4
118Sì come l’occhio nostro non s’aperse5
In alto, fisso a le cose terrene;
Così giustizia qui a terra il merse.
121Come avarizia spense a ciascun bene
Lo nostro amore, onde operar perdèsi;6
Così giustizia qui stretti ne tiene
124Nei piedi e ne le man legati e presi;
E quanto fia piacer del giusto Sire,7
Tanto staremo immobili e distesi.8
127Io m’era inginocchiato, e volea dire;
Ma com’io cominciai, et el s’accorse,
Solo ascoltando, del mio riverire.
- ↑ v. 105. C. A. che tutte altre
- ↑ v. 112. C. A. misera partita
- ↑ v. 114. C. A. qui ne son
- ↑ v. 117. C. A. al monte è più
- ↑ v. 118. C. A. non si aderse
- ↑ v. 122. Perdèsi; si perdè, come adoperavano gli Antichi i quali non duplicavano la consonante della particella aggiunta, comechè il verbo terminasse accentuato. E.
- ↑ v. 125. C. A. dell’alto
- ↑ v. 126. C. A. e sospesi.