22Poi d’ogni lato ad esso m’apparìo
Un non sapea che bianco, e di sotto
A poco a poco un altro a lui n'uscìo.
25Lo mio Maestro ancor non facea motto,
Mentre che i primi bianchi apparver ali;
Allor che ben cognobbe il galeotto,
28Gridò: Fa, fa che le ginocchia cali.
Ecco l’Angel di Dio: piega le mani:
Omai vedrai di sì fatti officiali.
31Vedi che sdegna li argomenti umani,
Sì che remo non vuol, nè altro velo
Che l’ali suoe tra liti sì lontani.1
34Vedi come le à dritte verso il Cielo,
Trattando l’aire co le eterne penne,
Che non si mutan come mortal pelo.
37Poi, come più e più verso noi venne
L’uccel di Dio, più chiaro appariva;2
Perchè l’occhio da presso nol sostenne,
40Ma chinail giuso; e quei sen venne a riva
Con un vasello snelletto e leggero,3
Tanto che l'acqua nulla ne inghiottiva.
43Da poppa sta il celestial Nocchiero,4
Tal che parea beato per iscripto;
E più di cento spirti entro sedero.
46In exitu Israel de Aegypto
Cantavan tutti insieme ad una voce,
Con quanto di quel salmo è poi scripto.
- ↑ v. 33. suoe. In antico per suo e sua si disse ancora soo e soa, donde i plurali soi e soe, a’ quali frammesso l’u, ne derivò suoo e suoa, e suoi e suoe. E.
- ↑ v. 38. L’uccel divino,
- ↑ v. 41. C. M. vassello snelletto e leggiero,
- ↑ v. 43. C. M. stava