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chiude come amore è radice d’ogni virtù e così d’ogni male, dicendo così: Mentre ch’elli; cioè l’amore animale, è nel Primo Ben; cioè in Dio, diretto; cioè dirissato1, E nel segondo; cioè bene, ch’è le cose create da Dio: imperò che ogni cosa, che Dio à creato, è buona2, sè stesso misura: cioè l’amore animale, cioè che non l’ami più che si convegna, nè meno, Esser non può; l’amore animale, cagion di mal diletto; e così è virtù: se non può esser cagione di male diletto, dunque è cagione di buono diletto, e così è cagione di virtù. Lo Filosofo parlando del bene, lo distinse in tre spezie; onesto, utile e dilettevile; ma lo nostro autore, come appare nel testo, pillia una divisione bipertita; cioè bene primo, e bene secondo. Per lo bene primo intendendo lo creatore; cioè Iddio e le virtù suoe; et accordando questo col Filosofo, puòsi dire che questo sia quel che chiama lo Filosofo lo bene onesto. E per lo bene secondo intendendo le cose create, e questo è quel che lo Filosofo chiama bene utile e dilettevile; e però accordi lo lettore, se vuole, l’una distinzione coll’altra, o pilli la divisione dell’autore, dicendo che due sono le specie del bene; cioè creato et increato; e lo increato è Iddio e le virtù, in quanto son in Dio, e lo creato si distingua in tre specie, come dice lo Filosofo; cioè onesto (e questo è le virtù in quanto sono atto de la mente bene ordinata) et utile che sono le ricchesse, e dilettevile che sono li diletti carnali. Perchè la preditta esponizione àe diviso lo testo de l’autore, la più e la meno cura arrecando al bene creato, e pur la meno a lo increato, intendendo l’accrescimento e ’l mancamento de la cura stare nel fervore de la carità, lo quale non potrebbe mai essere troppo in Dio: ma meno sì, debbiamo ancora considerare che l’accrescimento e ’l mancamento de la cura si può intendere pur del desiderio e non del fervore de la carità, e cusì si può adiungere insieme ancora: imperò che colui ama Iddio con più cura che non dè, quando desidera altrochè lui insieme con lui; e colui con meno cura che l’ama, quanto sè, e non sopra sè, benchè lo primo credo che sia milliore intendimento: imperò ch’è impossibile che l’omo ami Iddio con più cura che debbia: imperò che nol potrebbe tanto amare, che anco nol dovesse più amare; et amarlo con altro desiderio non sarebbe amarlo con più cura; ma con meno, e però è mellio lo primo intendimento. Ma quando al mal si torce; cioè l’amore animale: ecco lo primo modo di peccare3, o con più cura, O con men

  1. C. M. dirizzato, sì che lui per lui dirittamente ama, e non per altra cosa ami lui, E nel segondo,
  2. C. M. è buona; e questo secondo bene s’intende, secondo lo Filosofo, lo bene utile e dilettevile, sè stesso
  3. C. M. di peccare; e bene dice si torce: imperò che lo male per diritto non si può amare; ma sì per obliquo; cioè quando s’ama per seguitare alcuno bene, et allora non s’ama lo male; ma lo bene che se ne aspetta, o con più cura,