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402 | p u r g a t o r i o xvii. | [v. 74-84] |
visa adunqua la lezione, ora è da vedere l’esposizione litterale del testo coll’allegorie, o vero moralitadi.
C. XVII — v. 70-84. In questi cinque ternari lo nostro autore finge come, approssimandosi la notte, elli si trovò montato al quarto girone del purgatorio; e come fermatosi, dimandò Virgilio qual peccato si purgava in su quel balso, dicendo così: Già eran sovra noi tanto levati; cioè allora, Li ultimi raggi; cioè del Sole, sovra noi; ch’eravamo in quello emisperio allora, dice l’autore: allora li raggi si levano in su, quando la spera del Sole va giù, sicchè allora andava giù che venia a noi che siamo di qua, e però li raggi alsavano sopra loro sè, dirissandosi in verso lo celo; e però veggiamo la sera quando lo Sole va giù, li raggi che ànno lo di’, dirissatosi alla terra, s’inalsano a le cime de le torri, e tanto poi in su che più non se ne vedeno, e seguita la notte; e dice ultimi raggi: imperò che di po’ li ultimi seguita la notte; e però dice, che la notte segue; cioè li quali raggi ultimi la notte seguita, Che le stelle apparivan: ne lo emisperio, dove io era allora, da più lati; e così descritto lo tempo, mostra che già fusse fatto sera nell’episperio, dove finge l’autore che fusse allora, et a noi nel nostro emisperio era fatto di’; unde l’autore, vedendosi indebolito che non potea più montare, perchè era partito lo Sole, esclama contra la sua potenzia andativa, dicendo: O virtù mia; cioè quanto a la lettera, o potenzia1 mia andativa; ma quanto all’allegoria, o potenzia mia intellettiva, perchè sì ti dilegue; cioè ti diparti da me, Fra me stesso dicea; dice Dante che dicea le ditte parole tra sè medesmo, et assegna la cagione perchè, dicendo: chè mi sentiva; cioè imperò ch’io sentiva a me, La possa de le gambe posta in tregue; cioè quanto a la lettera la potenzia del montare tolta, che le gambe si riposavano come fanno li nemici, quando fanno tregua; et allegoricamente la potenzia intellettiva del procedere più oltre ne la sua materia e ne la penitenzia incominciata. Et addiviene alcuna volta che chi è in stato di penitenzia, arrena e non pare che possa procedere più oltra, e questo è segno che la grazia di Dio per2 qual peccato incorso sia partita, la quale si vuole addimandare cacciando via lo peccato; e di questo si duole l’autore, e conferma quanto alla lettera et allegoria quello che è ditto di sopra, che di notte non si può montare. Dichiara ora lo luogo u’ era, dicendo: Noi; cioè Virgilio et io Dante, eravam dove più non saliva La scala su; sicchè eran iunti in sul quarto balso, et eravam affissi; cioè fermati, Pur come nave; ecco che fa similitudine, ch’a la piaggia arriva; cioè la quale arrivi a la piaggia del mare, così, noi eravamo arrivati a la piaggia del balso. Et io; cioè Dante, attesi un poco; cioè stetti attento, s’io udissi Alcuna cosa nel nuovo girone; cioè in sul quarto girone,