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396 | p u r g a t o r i o xvii. | [v. 13-24] |
E posta questa sentenzia, l’autore dichiara in che era così ratta la sua immaginazione, dicendo: Nell’imagine mia; cioè ne la mia potenzia imaginativa: altramente si può intendere ne l’imagine ch’è specie d’apprensiva, che ritiene le cose apprese e ministra a la imaginativa e chiamasi imaginazione, come è ditto di sopra, apparve l’orma; cioè l’apparenzia e lo vestigio, De l’empiezza; cioè de la crudelità, di lei; cioè di cole’, che; cioè la quale, mutò forma; cioè si trasmutò, Ne l’uccel che a cantar più si diletta; cioè nel rusignuolo, lo quale canta più che tutti li altri uccelli: imperò che canta di di’ e di notte; e questa fu Filomena, de la quale fu ditto di sopra ne la prima cantica, et anco in questo canto ix, come finge Ovidio, Metamorfosi libro vi. Questa fu filliuola del re Pandione d’Atene, e viziata da Tereo re di Tracia suo cognato, e tagliatoli la lingua perchè nol potesse dire e tenuta apo lo stabulario de l’armento, sì ch’ella notificato a la suore Progne in una tela tessuta da lei tutto ’l fatto, venne con lei a la città et ucciseno Iti filliuolo di Tereo e diennolo a mangiare al padre; unde ella fu mutata in rusignuolo, e Progne in rondina, e Tereo1 in upupa. Ne la quale finzione li Poeti inteseno che costoro andonno scacciate da Tereo per lo mondo piangendo e lamentandosi; e per dare ad intendere questo, fingono che si mutasseno in uccelli, e l’altre cose tutte funno vere. E questo finge l’autore che li venisse ne la imaginazione sua, per dimostrare quanto nuoce l’ira a chi si lassa signoreggiare a lei: imperò che questa per ira si mosse a fare sì fatto male, et ella ne portò sì fatta pena. L’autore avendo posto li esempli esortativi a la temperanzia di sopra, che è contraria all’ira, induce ora li esempli ritrattivi dall’ira, mostrando li mali che d’essa seguitano; e però àe indutto la detta finzione poetica, et inducerà l’istorie che seguitranno. E qui; cioè in su quella immaginazione de la ditta crudeltà, fu la mente mia; cioè di me Dante, sì stretta D’entro da sè; cioè in sè medesmo, imaginando la ditta crudeltà, che di fuor; cioè da’ sentimenti, non venia; a la mia mente, Cosa che fusse ancor da lei: cioè da la mia mente, ricetta; cioè ricevuta: imperò che, benchè sentisse altre cose, a niuna applicava l’apprensiva.
C. XVII — v. 25-30. In questi due ternari lo nostro autore finge come ne la fantasia venne una istoria de la Bibbia, la quale si scrive, Ester vii; cioè che ’l re Assuero re di Persia e di Media ebbe per donna Ester, la quale per nazione iudea fu, et avea seco nel regno uno suo zio che si chiamò Mardoceo, lo quale fu iusto omo, et ebbe lo ditto re per principe de la sua milizia uno fiero omo che si nominò Aman; lo quale Aman ebbe in odio ultra misura li Iudei;
- ↑ C. M. Tereo in vipara. Ne la quale fizione