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p u r g a t o r i o xvi. |
[v. 85-96] |
Fattore; cioè da Dio che è sommo bene, e però dice lieto, Volontier torna; cioè l’anima umana, a ciò che la trastulla; cioè che la diletta: imperò che naturalmente à desiderio del sommo bene, che è cosa lieta; ma intorno a questo desiderio l’anima umana è ingannata spesse volte: imperò che, desiderando lo perfetto bene, è presa dai beni mondani imperfetti, postili inanti, li quali incomincia ad assaggiare e pilliane piacere; e ponendoci più amore che non dè, s’inganna: imperò che ’l perfetto bene dè essere perfettamente amato, e lo particulare bene particularmente. Ma per ch’ella à presenzialmente lo particulare, apprendendolo coi sentimenti e co lo intelletto; e ’l perfetto apprende solamente co l’intelletto, pone più amore al bene particulare imperfetto che al bene perfetto, e così s’inganna: o però dice: Di picciol ben; cioè del bene mondano, particulare et imperfetto, prima sente sapore: imperò che, nato l’omo nel mondo, àe bisogno dei beni mondani e così li comincia a gustare e paianoli buoni, e sono; ma non perfettamente sì, che per essi elli si possa perfettamente contentare; e però dice: Quivi; cioè in quel picciol bene, s’inganna; cioè l’anima umana, apprendendo quello per1 bene lo quale non è, e dietro ad esso; cioè di quello piccolo bene, corre; ella anima umana; cioè va con sfrenato desiderio, Se guida; cioè se alcuno omo saputo che insegni quello bene, a che si corre, non esser vero bene e non doversi amare oltra modo, adiunta ancora la grazia illuminante di Dio, che conviene essere guida de le menti umane, o freno; cioè legge e statuto, non torce suo amore; dell’anima; cioè non piega lo suo amore dal bene imperfetto al bene perfetto. Unde; cioè per questo, convenne legge per fren porre; cioè per la cagione preditta fu necessario che si facesseno le leggi divine et umane, acciò che fusseno freno allo sfrenato appetito di sì fatti beni. E perchè l’freno non guida lo cavallo, se non è chi guidi lo freno; così le leggi non correggerebbeno lo sfrenato appetito, se non fusse chi guidasse le leggi; e però dice: Convenne; cioè fu necessario, rege aver; cioè rettore che facesse osservare le leggi, e che almeno in generale cognoscesse lo vero bene; e però dice discernesse; cioè cognoscesse lo ditto rettore, al men la torre; cioè la guardia e difensione, che è la iustizia in generale, De la vera città; cioè de la città eterna, ch’è in questa vita mondana lo vivere ragionevilmente, e di po’ questa vita, è vita eterna ne la fruizione di Dio dov’è vera iustizia; cioè che almeno sappia in generale che quella, che guarda e difende la nostra razionalità, è la iustizia; se non può sapere l’altre virtù, nè le specie suoe in particulari, al meno la cognosca in generale. Tutti li signori non sono filosofi, benchè si converrebbe a loro d’essere, poi
- ↑ C. M. per vero bene