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C A N T O     XVI.

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1Buio d’inferno, e di notte privata
     D’ogni pianeta sotto pover cielo,
     Quanto esser può di nuvol tenebrata,
4Non fe al viso mio sì grosso velo,1
     Come quel fummo ch’ivi ci coperse,
     Nè a sentir di così aspro pelo:
7Chè l’occhio stare aperto non sofferse;
     Unde la Scorta mia saputa e fida
     Mi s’accostò, e l’umero m’offerse.
10Sì come cieco va dietro a sua guida
     Per non smarrirsi, e per non dar di cozzo
     In cosa che ’l molesti, o forse uccida,2
13N’andava io per l’aire amaro e sozzo,
     Ascoltando ’l mio Duca che diceva:
     Pur guarda che da me tu non sia mozzo.
16Io sentia voci, e ciascuna pareva
     Pregar per pace e per misericordia
     L’Agnel di Dio, che le peccata leva.
19Pur Agnus Dei eran le loro esordia;
     Una parola in tutti era et un modo,3
     Sì che parea tra essi ogni concordia.

  1. v. 4. C. A. Non fece al viso mai sì
  2. v. 12. C. A. o che l’ancida,
  3. v. 20. C. A. ed ad un modo,