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[v. 100-111] | c o m m e n t o | 27 |
ordinati in questo modo; cioè che chi vuol entrare nello stato de la penitenzia, prima si dè recare in libertà e spacciarsi da ogni impedimendo; appresso si dè componere in umilità, che è lo secondo grado; poi dè sallire per lo monte; cioè per l’asprezze de la penitenzia più leggiermente che può, secondo che li mostra la grazia illuminante di Dio, la quale intende per lo sole, e così dè sempre procedere inanti e non tornare adrieto. Lo Sol vi mostra; la via che dovete tenere, dice Catone a Virgilio, che resurge omai; cioè che incomincia a dare la sua luce. Allegoricamente intende la grazia illuminante di Dio vi mostra la via che dovete tenere, la quale si leva in voi et in ogni uno che si parte dal peccato per considerazione de la viltà e de la pena del peccato, quanto 1 prima ciò si fa; e poi resurge, quando quinde si viene a lo stato de la penitenzia. Prendete il monte a più lieve salita; cioè montate quinde, dov’è minore fatica. E questo è notabile contro li presuntuosi che tanto si fidano di potere, che si metteno in asprezze che non possano poi sostenere: l’omo dè andare per li gradi de la penitenzia più agevili al principio, e quanto più vi dura più s’inalza e viene ne le malagevilezze, le quali sono supportabili per l’uso. Così sparì; Catone da noi, dice Dante, cioè uscitte tal considerazione de la mia fantasia, et io; cioè Dante; su mi levai Senza parlare; cioè intrai col pensieri a proceder più oltra, e leva’mi di terra, perch’era stato ginocchione, infin che Virgilio liel comandò 2, tutta via poi infine avale. Et è qui da notare che l’autore, secondo la lettera, dimostra che Virgilio parlamentasse con Catone et elli stesse tutta via ginocchione ad ascoltare, per mostrare che, quando li venne in animo d’entrare a lo stato de la penitenzia, la ragione significata per Virgilio disse: Veggiamo come tu se’ libero da’ vizi che potrebbeno impacciare la penitenzia, e come tu se’ iustificato tanto quanto si richiede lo ’ntramento de la penitenzia; e però indusse Catone e consilliossi con lui; e la sensualità stette reverente et obediente, infin che la ragione ebbe preso lo consillio. e tutto mi ritrassi Al Duca mio; cioè a Virgilio; cioè tutto mi strinsi a la ragione, e l’occhio; mio; cioè l’intelletto, a lui; cioè a Virgilio; cioè a la ragione, drizzai; cioè a seguire la ragione. Non sensa cagione disse l’autore 'l’occhio, e non li occhi, per dimostrare che due son li occhi dell’anima; la ragione l’occhio ritto, e l’intelletto l’occhio manco: e come l’occhio manco si dè dirizzare a seguire l’occhio ritto in vedere le cose 3; così l’intelletto si dè dirizzare a la ragione nel comprendere le cose mentali.
C. I — v. 112-120. In questi tre ternari lo nostro autore dimo-