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   358 p u r g a t o r i o   xv. [v. 106-114]

mal ne disira; cioè a chi male ci desidera, Se quei che ci ama è per noi condennato; quasi dica: A quella medesima ragione che faremo a l’inimico, se noi condenniamo l’amico?

C. XV — v. 106-114. In questi tre ternari lo nostro autore finge come ne la sua visione li fu presentato a la fantasia la lapidazione di santo Stefano, unde dice così: Poi; cioè di po’ la preditta1 visione, viddi; io Dante, gente accese in foco d’ira; questo dice, perchè l’ira riscalda l’omo come lo fuoco, et accende a furore, Con pietre un giovanetto ancider; cioè santo Stefano, come appare ne la leggenda sua: giovanetto prima di po’ Cristo sostenne martiro, e però è chiamato protomartir; cioè primo martire, forte Gridando a sè; cioè a loro medesimi: Pur martira, martira; cioè confortavano l’uno l’altro: Dateli bene de le pietre; a la quale lapidazione fu san Paolo lo quale era chiamato Saulo, e serbava li panni a coloro che lapidavano santo Stefano. E lui; cioè santo Stefano, vedea; io Dante; cioè mi parea vedere ne la mia visione, chinarsi per la morte, Che l’aggravava già, in ver la terra: imperò che cadea in terra, perchè moria per li colpi ricevuti, Ma delli occhi facea sempre al Ciel porte; cioè che sempre ragguardava lo cielo colli occhi; sicchè porte; cioè porgimenti, o vero porte; cioè aprimenti, perchè per essi intrava la visione del cielo; unde dice la Santa Scrittura: Stephanus vidit cœlos apertos — , Pregando l’alto Sire; cioè Iddio, in tanta guerra; in quanta elli era, che era percosso continuamente da le pietre; ecco grande carità, Che perdonasse ai suoi persecutori; e ben fu esaudita la sua orazione in santo Paolo, che si convertì e fu apostolo di Cristo, Con quello aspetto che pietà disserra; cioè con quello ragguardamento che esce da pietà, o vero devoto tanto, che apre la pietà: imperò che così ragguardava Iddio con pietoso aspetto, che aperse la pietà di Dio; o vero con quelli occhi lacrimosi che pietà induce. E questo è lo terzo esemplo che l’autore àe indutto contra l’ira, che desidera vendetta de’ suoi persecutori.

C. XV — v. 115-126. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come, ritornato in sè da le preditte visioni, fu ripreso da Virgilio e sollicitato, dicendo: Quando l’anima mia tornò di fori; parla l’autore de la sua anima, che fu raccolta dentro da sè a considerare le preditte tre istorie; e questo è essere in estasi, quando l’omo dà lo pensieri suo sopra una cosa tutto, sicchè niuna altra cosa sente di fora, A le cose che son fuor di lei vere; cioè tornò a considerare le cose che sono fuora di lei vere et in essere: chè quelle cose ch’io avea veduto in visione estafica2 non erano state vedute veramente; ma con fantasia, Io; cioè Dante, ricognovi i miei non falsi errori; cioè ricognovi veramente li miei errori, stati veri e non falsi; cioè

  1. C. M. la ditta
  2. C. M. estasica