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356 | p u r g a t o r i o xv. | [v. 82-93] |
rispondere a Virgilio. Ivi; cioè in quil luogo, mi parve in una visione Estatica; cioè quando la mente non è alienata da stupore; ma è sì legata ad alcuna revelazione et occupatasi tutta, che niuna altra più intende, nè niuna potenzia adopera; e dicesi da estasi, che è elevamento di mente da ogni operazione, et apponimento ad alcuno singulare pensieri, di subito esser tratto; cioè tirato quinde, dove io era, E vedere in un tempio; a quale mi parea esser menato, più persone; come fu Cristo: essendo ancora garzone intrò nel tempio e disputava coi Sacerdoti, e co li Scribi, e Farisei; e la Madre, e Giosef l’andavano cercando, e stetteno 3 di’ che nol potetteno trovare. Et una donna; cioè mi parve vedere: questa fu la Virgine Maria, in sull’entrar; del tempio, con atto Dolce di madre dicer: Filliuol mio; cioè in verso suo filliuolo, Perchè ài tu così verso noi fatto? Queste sono le parole de l’Evangelio che dice; Fili, quid fecisti nobis sic? Ego et pater tuus dolentes quœrebamus te; e però seguita: Ecco dolenti lo tuo padre; cioè Giosep che era padre, quanto a cura, o putative1 secondo che pensava la gente, et io; cioè tua madre, Ti cercavamo; che non t’abbiamo trovato, già è tanti di’, e come qui; cioè in questo parlare, si tacque; cioè parve a me che quella madre tacesse ne la visione. Ciò che pareva prima, dispario; cioè partitte da la mia fantasia la visione preditta. E perchè l’autore incomincia a trattare del purgamento del peccato dell’ira, del quale fu ditto ne la prima cantica quello che s’apparteneva, non si replica qui; lo quale peccato finge l’autore che si punisca e purghi nel terso girone. E per conforto d intrare a la penitenzia di tale peccato, finge le visioni e li pensieri che si dè fare la mente sopra la virtù contraria a sì fatto peccato, ch’è la pazienzia; e però finge che avesse la visione ditta di sopra de la Virgine Maria, la quale con tutta pazienza riprese dolcemente lo suo Filliuolo. E questo pensieri al quale si diede la mente sua, finge che fusse la sua visione che li apparve prima, ch’è de la Santa Scrittura.
C. XV — v. 94-105. In questi quattro ternari finge lo nostro autore come di po’ la prima visione ditta di sopra, la quale si contiene ne la Santa Scrittura, ebbe un’altra visione d’una istoria che pone Vallerio in libro v, capitulo De Clementia; cioè come Pisistrato duca delli Ateniesi ebbe una sua filliuola, la quale andando uno di’ co la madre ad una festa, ornata come vanno le giovane, uno giovano suo cittadino, che lungo tempo avea amata, vedendola così bella, non si poteo attenere che non si mettesse tra tutte le donne, et abbracciasse la ditta giovana2 e baciasse; unde la madre molto turbata levò grande grido, e tornata subito al palasso scapilliata e con