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354 | p u r g a t o r i o xv. | [v. 64-81] |
bella visione, et incomincia quive: Com’io volea ec.; ne la tersa come di po’ la prima visione ebbe la seconda, et incomincia quive: Indi m’apparve ec.; ne la quarta, com’ elli di po’ la seconda la tersa visione, quive: Poi viddi gente ec.; ne la quinta finge che ritornato in sè di po’ le ditte visioni, fu sollicitato da Virgilio, quive: Quando l’anima mia ec.; ne la sesta finge come Virgilio lo dichiara de le visioni ch’ elli ebbe, quive: Et ei: Se tu avessi ec.; ne la settima pone lo processo del suo cammino, quive: Noi andavamo ec. Divisa adunqua la lezione, ora è da vedere lo testo co l’esposizione literale e morale, o vero allegorica.
C. XV — v. 64-81. In questi sei ternari lo nostro autore finge come Virgilio solve lo secondo dubbio, dicendo così: Et elli; cioè Virgilio, a me; cioè a Dante, disse, s’intende: Però che tu rificchi La mente pure a le cose terrene; cioè pensi pure sopra questi beni terreni, e come non possano esser possiduti tutti da più, sicchè ciascuno li abbia tutti; così pensi che non si possa possedere lo Sommo Bene; e però dice: Da vera luce; cioè da la vera chiarezza, cioè da la chiara verità, tenebre dispicchi; cioè errore1 di grazia; et ora solve lo dubbio, dicendo: Quello infinito et ineffabil Bene; cioè Iddio, che non à fine e con parole non si può esprimere, Che lassù è; cioè in cielo, così corre ad amore; cioè Iddio corre a chi l’ama, e dassi a chi l’ama; Come a lucido corpo raggio vene; e qui fa una bella similitudine: imperò che, come lo Sole2 invariabile è nel mondo; così è Iddio in vita eterna; ma più eccessivamente; e però fa la similitudine; cioè come lo raggio del Sole tutti li corpi lucidi de le stelle illumina, e se più ne trovasse più ne illuminarebbe3, et è uno solo; così Iddio, che solo è sommo bene, molto maggiormente e sensa comparazione tutte le anime che amano lui glorifica; e quanto più ve ne vanno, tanto più ne glorifica, e maggior splendore di gloria riluce in cielo de le molte che de le poghe, perchè più appare la bontà di Dio. Questa è bella e vera similitudine, benchè non sia equivalente: imperò che niuna cosa in qualità, nè in quantità si può assimilliare a Dio, nè in niuno altro modo, se non con mancamento da la parte de la cosa assimilliata, e con smisurato avansamento de la4 parte di Dio. Tanto si dà; cioè Iddio, quanto trova d’ardore; cioè di carità in verso di lui et in verso lo prossimo in dell’anime beate, e quine è perfetta carità, e però Iddio a ciascun’ anima si dà perfettamente; cioè quanto in lei ne cape, sicchè ciascheduna è contentissima e