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[v. 58-63] | c o m m e n t o | 353 |
spera suprema; cioè del Cielo; cioè del Bene Eterno, Torcesse in suso; cioè in ver lo Cielo, il desiderio vostro; cioè di voi omini, Non vi sarebbe al petto quella tema; cioè di non averlo tutto, come è nel cuore paura di non avere tutto lo bene mondano. Chè, per quanto si dice più lì; Cioè in Cielo, nostro; cioè quanto più possessori vi sono, Tanto possede più di ben ciascuno; cioè a ciascuno cresce più lo contentamento, quanto più compagni si vede, E più di carità arde in quel chiostro; cioè di paradiso: più cresce l’ardore de la carità, quanto da più si participia1 lo sommo bene, ch’è Iddio.
C. XV — v. 58-63. In questi due ternari lo nostro autore finge di non rimanere chiaro de la soluzione data di sopra al primo dubbio; anco mostra che per quella sia in maggior dubbio che prima, e però muove anco lo dubbio a Virgilio, dicendo: Io; cioè Dante, son d’esser contento; per la soluzione datami di sopra, più digiuno, Diss’io; cioè Dante, che s’io ini fusse pria taciuto; cioè che s’io non avesse udito la tua soluzione, E più di dubbio ne la mente aduno: per la tua soluzione ch’io non avea prima; e manifesta lo suo motivo, dicendo: Com’esser puote; cioè questo ch’io dirò ora, che un ben distributo2; cioè diviso, In più posseditor; cioè che più posseditori lo participino, faccia più ricchi3 Di sè; li suoi posseditori, che se da poghi è posseduto? E se volessi tu, lettore, dare questa risposta, perchè da tutti è posseduto tutto, pare impossibile che uno bene sia posseduto da più tutto; cioè sicchè ciascuno l’abbia tutto. E posto che sia possibile, seguita ancora che non possa fare più ricchi li posseditori, che se è posseduto da poghi; ma parimente ricchi sì; ma non più; unde ben fa l’autore a muovere questo dubbio, per dichiararlo mellio ne la seguente lezione.
Et elli a me ec. Questa è la secunda lezione del canto xv, ne la quale lo nostro autore finge che Virgilio solva lo dubbio mosso di sopra; e come a lui apparveno4 molte visione, poi che elli si trovò in sul terso girone; e come Virgilio lo solicita; e come s’avvenne in una oscura nebbia. E dividesi questa lezione in sette parti, perchè prima finge che Virgilio solva lo suddetto dubbio; ne la seconda finge che, trovatosi in su l’altro girone; cioè in sul terso, ebbe una
- ↑ C. M. participa
- ↑ Distributo; dal latino distributus E.
- ↑ Non riuscirà inopportuno a’ nostri lettori il riferire qui come a tale proposito la discorreva il sommo poeta e filosofo Torquato Tasso. «Che si trovi una tal bellezza che compartita, in vece di scemare, moltiplichi e che possa tutti gli uomini in un medesimo punto render felici, non se ne dee, nè se ne può dubitare. Tale è la bellezza delle scienze, che perchè interamente sia da alcuno goduta, non per questo gli altri ne restano privi. Tale è più propriamente Dio, che non è bello; ma l’istessa bellezza. Di questa tale bellezza, parlando Dante, introduce sè medesimo a dubitare, e Virgilio a risolvere.» E.
- ↑ C. M. apparevano molte visioni,
Purg. T. II. | 25 |