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   26 purgatorio   i. [v. 100-111]

umile non dè avere appetito di cose mondane, se non estremamente per vivere; e dè essere sopra cinto: imperò che una cintura dè avere che lo faccia forte contra le concupiscenzie et appetiti carnali, et un’altra che lo faccia paziente a lo stato de la penitenzia. E perchè santo Gioanni distingue li peccati in tre specie; cioè superbia di vita, contra la quale si conviene cingere lo grado de la umiltà significato per lo giunco; e concupiscenzia di carne, contra la quale s’intende cingere la cintura de la continenzia, la quale pone che Dante avesse già cinta; e l’ultimo è la concupiscenzia delli occhi, contra la quale dice che si vuole lavare lo volto co la rugiada, ch’è ne la piaggia del purgatorio caduta dal cielo, e non desiccata per lo caldo del sole mondano, che significa la grazia illuminante che discende di cielo, e non s’asciuga per li splendori mondani che si cognoscono essere vili, e schiara li occhi abballiati di nebbia; cioè lo intelletto e la ragione occupati de la ignoranzia co la quale desiderante li beni falsi mondani non si conviene d’andare inanti ai ministri di paradiso, anco con perfetta scienzia desiderante li beni eterni.

C. I— v. 100-111. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come Catone insegnò a Virgilio lo luogo dove dovea trovare lo giunco, e la via che dovea tenere, dicendo: Questa isoletta; ecco finge che lo purgatorio sia in una isula nel mare oceano, posto nell’altro emisperio per opposito a Gerusalemme, intorno ad imo ad imo; cioè d’ogni parte a la marina ch’è al basso, Laggiù; ecco che mellio lo dichiara, colà, dove la batte l’onda; del mare, Porta de’ giunchi sopra il molle limo; cioè nasce de’ giunchi giù a la marina quive, dove batte l’onda del mare in sul terreno molle. Null’altra pianta, che facesse fronda, O indurasse, vi puote aver vita; quasi dica: Quive non può durare se non giunchi; altre piante che frondisceno e che indurano, no; et assegna la cagione: Però che a le percosse non seconda; ecco la cagione, perchè non consente quando l’onda la percuote; e non consentendo, l’onda la rompe o la spollia de le suoe fronde, e così perde la vita. E questo è secondo la lettera; ma secondo l’allegoria intende l’autore che lo stato de la penitenzia nel mondo è intorneato de la tempesta delle tribulazioni, ne la quale non puote durare, se non li umili e poveri che non contastano 1 co la fortuna; ma inchinansi a portare pazientemente ogni cosa; ma chi fusse duro, si romprebbe per desperazione, o chi fusse ricco, perdendo le suoe ricchezze. Poscia non sia di qua vostra redita; ecco che insegna lo cammino, dicendo che non tornino quive u’elli 2 erano; e per questo vuole dimostrare che li gradi de la penitenzia son

  1. C. M. contrastano
  2. U’; ove, dall’ubi de’ Latini, oggi concesso ai poeti. E.