97E dir: Se tu se’ sire de la villa,
Del cui nome fra’ dei fu tanta lite,1
Et unde ogni scienzia disfavilla,
100Vendica te di quelle braccia ardite
Ch’abbracciar nostra fillia, o Pisistrato;
E ’l signor mi parea benigno e mite
103Risponder lei con viso temperato:
Che farem noi a chi mal ne disira,
Se quei che ci ama è per noi condennato?2
106Poi viddi gente accese in foco d’ira3
Con pietre un giovanetto ancider, forte
Gridando a sè: Pur martira, martira;
109E lui vedea chinarsi per la morte,
Che l’aggravava già, in ver la terra;
Ma delli occhi facea sempre al Ciel porte,
112Pregando l’alto Sire in tanta guerra,4
Che perdonasse ai suoi persecutori,
Con quello aspetto che pietà disserra.
115Quando l’anima mia tornò di fori
A le cose che son fuor di lei vere,5
Io ricognovi i miei non falsi errori.
118Lo Duca mio, che mi potea vedere
Farmi com’om che del sonno si slega,6
Disse: Che ài, che non ti puoi tenere;
121Ma se’ venuto più che mezza lega
Velando li occhi e co le gambe avvolte,
A guisa di cui vino o sonno piega?
124O dolce Padre mio, se tu m’ascolte,
Io ti dirò, diss’io, ciò che m’apparve,
Quando le gambe mi furon sì tolte.
- ↑ v. 98. C. A. nei dei fu
- ↑ v. 105. C. M. C. A. condannato?
- ↑ v. 106. C. A. accesi
- ↑ v. 112. C. A. Orando all’alto
- ↑ v. 116 C. A. delle vere,
- ↑ v. 119. C. A. Forse com’uom