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c a n t o    xv. 345

97E dir: Se tu se’ sire de la villa,
     Del cui nome fra’ dei fu tanta lite,1
     Et unde ogni scienzia disfavilla,
100Vendica te di quelle braccia ardite
     Ch’abbracciar nostra fillia, o Pisistrato;
     E ’l signor mi parea benigno e mite
103Risponder lei con viso temperato:
     Che farem noi a chi mal ne disira,
     Se quei che ci ama è per noi condennato?2
106Poi viddi gente accese in foco d’ira3
     Con pietre un giovanetto ancider, forte
     Gridando a sè: Pur martira, martira;
109E lui vedea chinarsi per la morte,
     Che l’aggravava già, in ver la terra;
     Ma delli occhi facea sempre al Ciel porte,
112Pregando l’alto Sire in tanta guerra,4
     Che perdonasse ai suoi persecutori,
     Con quello aspetto che pietà disserra.
115Quando l’anima mia tornò di fori
     A le cose che son fuor di lei vere,5
     Io ricognovi i miei non falsi errori.
118Lo Duca mio, che mi potea vedere
     Farmi com’om che del sonno si slega,6
     Disse: Che ài, che non ti puoi tenere;
121Ma se’ venuto più che mezza lega
     Velando li occhi e co le gambe avvolte,
     A guisa di cui vino o sonno piega?
124O dolce Padre mio, se tu m’ascolte,
     Io ti dirò, diss’io, ciò che m’apparve,
     Quando le gambe mi furon sì tolte.

  1. v. 98. C. A. nei dei fu
  2. v. 105. C. M. C. A. condannato?
  3. v. 106. C. A. accesi
  4. v. 112. C. A. Orando all’alto
  5. v. 116 C. A. delle vere,
  6. v. 119. C. A. Forse com’uom