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[v. 115-126] | c o m m e n t o | 335 |
C. XIV — v. 115-126. In questi quattro ternari lo nostro autore finge che messer Guido compia lo suo parlare e la sua esclamazione querulosa; et accumiati l’autore, dicendo: Ben fa Bagnacaval; questa è una terra in Romagna, che non rifillia; cioè che non rifà la schiatta passata; che se rifilliasse, stralignerebbeno anco1 a governare, E mal fa Castrocaro; questo è uno castello nel distretto di Forlì, dove soleano essere molti conti, molto virtuosi, e peggio Conio; che è anco castello nel distretto di Forlì, Che di filliar tai conti più s’impillia; cioè più pilliano a fare sì fatta schiatta, quale è quella ch’è stralignata da la virtù de li antichi virtuosi; ma fa comparazione, cioè che Castrocaro fa male e Conio fa peggio, perchè piggiori sono li posteri e li discendenti di Conio che quelli di Castrocaro, e però fa peggio. Ben farann’ i Pagan; questi funno gentili omini di Faensa discesi da Pagano padre di Maghinardo, li quali funno virtuosi omini e valorosi; ma tra essi mostra per le parole del testo che fusse uno rio, lo quale l’autore chiama dimonio per la sua iniquità; e però dice l’autore che messere Guido dicea le suddette parole, cioè che ben faranno li Pagani, benchè non faccino bene avale, che ’l dimonio loro è con loro; ma elli faranno bene, dacchè ’l dimonio Lor sen girà; cioè poi che lo dimonio loro, cioè quello pessimo omo se n’andrà via; ma non però che puro Già mai rimagna d’essi testimonio; cioè ma non sì, che mai abbino più buona fama che non sia meschiata coi mali di colui. Anco si potrebbe intendere che avesseno uno dimonio costretto, lo quale mandato via faranno bene; ma non sì, che sia pura la loro testimoniansa: trovo che alcuno testo dice: Li sdegnerà; e così si può intendere: Quando il dimonio per disdegno si partirà da loro2 sì, come detto è di sopra. O Ugolin de’ Fantolin; questi fu ancora da Faensa, virtuoso e non ebbe descendenti che stralignassero da lui, e però dice: securo È ’l nome tuo; perchè non è chi il debbia sossare e vituperare, da che più non s’aspetta Chi far lo possa, tralignando, oscuro; cioè per lo suo vizio farlo vitoperabile. Ma va via, Tosco; ecco che messere Guido licenzia Dante, dicendo: Va via tu, che se’ di Toscana, omai; cioè ingiummai, che mi diletta Troppo di pianger più che di parlare; perchè io abbo dolore del mancamento de la virtù dei Romagnuoli: ecco che dimostra l’autore che sia mutato, che quando nel mondo fu invidioso, dolente del bene altrui e lieto del male, ora l’autore lo dimostra contrario, et assegna la cagione perchè, Sì m’à vostra ragion la mente stretta; cioè la ragione umana, che ditta che tutti siamo fratelli e debbiamo esser lieti del bene del prossimo come del nostro, e così dolenti del male.