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condizione canina, de la quale sono li Aretini, in condizione lupina de la quale sono li Fiorentini, li quali come lupi affamati intendeno a l’avarizia, et all’acquisto per ogni modo con violenzia, rubando e sottomettendo l’uno l’altro li loro vicini e stirpando da loro, La maladetta e sventurata fossa; per la quale corre Arno. Discesa poi; che lassa Fiorensa, per più pelagi cupi: imperò che quanto viene in giù, più acquista fondo, Trova le volpi; cioè li Pisani, li quali assimilila a le volpi per la malizia: imperò che li Pisani sono astuti, e co l’astuzia più che co la forsa si rimediano dai loro vicini, sì piene di froda: che cosa sia froda fu dechiarato ne la prima cantica, quando fu trattato d’essa, ritrovisi quive, Che non trovano ingegno che l’occupi: lo sapere e lo ingegno suole fare quello che non può fare la forsa; ma l’astuzia resiste co le suoe cautele al sapere et a lo ingegno; e però dice che li Pisani co le loro astuzie rimediano contro la forsa e contra lo ingegno sì, che non si lassano occupare.

C. XIV — v. 55-66. In questi quattro ternari lo nostro autore finge che lo detto spirito, che à parlato di sopra, continua suo parlamento dicendo espressamente di Fiorensa, dicendo così: Nè lasserò di dir; io che abbo parlato infine a qui, per ch’altri m’oda; cioè Dante che è di Toscana, lo quale disse che recava di sovra Arno la sua persona che potrebbe essere di Fiorensa, de la quale io intendo di parlare sì, ch’io non lasserò per lui, E buon serà a costui; cioè a Dante, s’ancor s’ammenta Di ciò che vero spirto mi disnoda; cioè mi manifesta; e questo dimostra che l’anime passate non sanno le cose che debeno venire, se non in quanto sono rivelate loro da li spiriti buoni che sono veritieri; cioè quelle del purgatorio: chè quelle de lo inferno ànno le loro revelazioni da li spiriti riei. Ma dice che serà buono a Dante, s’elli se ne ricorderà: imperò che si partirà di Fiorensa e lasserà stare le parzialità; e benchè l’autore, come fu detto ne la prima cantica, finga le cose essere preditte, tutte funno innanti ch’elli componesse questo poema; ma funno di po ’l tempo ch’elli finge avere avuto la visione, o vero fantasia di questo poema. Io veggio tuo nipote; parla all’altra anima, che era messere Ranieri de’ Calvoli da Forlì, quell’anima che àe parlato di sopra ch’era messere Guido del Duca dal Brettinoro di Romagna, come apparrà di sotto; e diceli com’elli prevede che ’l suo nepote messere Fulceri de Calvoli da Forlì verrà podestà di Fiorensa; e corrotto per denari dai guelfi farà talliare la testa a due delli Scolari et a messere Nerlo de li Aldimari et a messere Betto dei Gherardini et a molti altri, e molti farà appiccare, e molti Fiorentini vivi venderà, campandoli per denari, e recherà la città di Fiorensa in parzialità et in sì malo stato, essendo cagione che si dividano ancora li guelfi ch’erano rimasti in Fiorensa da loro medesimi, che da indi a