Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/337

   [v. 28-42] c o m m e n t o 327

di tal valle, Ben è; cioè iusta cosa è, che ’l nome di tal valle pera; cioè d’Arno vegna meno; et assegna la cagione perchè; cioè lo vizio che rende la cosa indegna, come la virtù rende degna. Chè dal principio suo; cioè di Falterona di Casentino, unde si comincia l’Arno: però che di quil monte esce, ov’è sì pregno; cioè sì alto e grosso, o vero fecundo et abbondevile, L’alpestro monte; cioè Falterona che è del monte Appennino, tenente de la natura dell’alpe, essendo alto e grosso et aspro e malagevile per li grandi sassi che vi sono; e però dice alpestro; ciò è simile a l’alpe, ond’è; cioè del quale Appennino, tronco Peloro; cioè lo monte di Sicilia, la quale secondo che si dice dalli autori et è stato ditto di sopra, fu terra ferma, e Peloro era del monte Appennino e fu diviso dal mare, sommergendo la terra che era in mezzo, Che in poghi luoghi passa oltra a quel segno; cioè che in poghi luoghi è più alto e grosso1 Appennino, che quive, Infin là u’ si rende per ristoro Di quel che il Ciel de la marina asciuga; cioè in fine a che entra in mare ch’è a la marina di Pisa, dove entra nel mare di Toscana e dov’è la foce del detto fiume Arno. Et usa qui l’autore Fisica2: imperò che li Naturali diceno che ’l cielo attrae a sè l’acqua marina coi suo’ vapori, e tirata su in aire l’acqua come fa la spungia la sparge per l’aire, e compresse e costrette le nuvole dai vapori3 contro e da’ venti si stringeno insieme, et inde esce l’acqua e piove, come quando si preme la spungia, e questa acqua piovuta corre nei fiumi, e li fiumi la portano poi in mare, unde ella è venuta da primo4; e però dice: Infin là u’ si rende; cioè lo ditto fiume Arno; cioè al mare di Pisa, per ristoro; cioè per ristorarlo, Di quel che il Ciel; tirando a sè, asciuga de la marina; cioè succhia tirando a sè; cioè de l’acqua marina, Unde; cioè dal quale asciugamento che fa lo cielo de l’acqua marina, ciò dal5 quale succhiamento, ànno i fiumi; cioè tutti, non pur l’Arno, ciò che va con loro; cioè l’acqua piovana che entra in loro e ritornasi con loro al mare, Virtù così per nimica si fuga; cioè si scaccia per tutto lo detto terreno, unde va lo detto fiume Arno, come nimica, Da tutti; cioè suoi abitatori, come biscia; come le serpi velenose, le quali la natura aborre e teme; e così li abitatori de la valle d’Arno fugeno6 la virtù; e qui finisce la similitu-

  1. C. M. grosso, o vero più fecondo e più abbondevile Appennino,
  2. C. M. l’autore filosofica sentenzia: imperò
  3. C. M. dai contrari vapori e dai venti
  4. All’opinione dell’Allighieri si accorda pur quella del Mengotti, il quale nella sua Idraulica dice che tutti i fiumi provengono dalle acque cadenti dal cielo, e queste dalle perpetue, immense, infinite evaporazioni, le quali dalla superficie di tutti i mari e di tutte le terre sollevansi nell’atmosfera, e quindi si rappigliano in piogge ed in nevi. E.
  5. Dal codice Magliab. si è tolto da — de l’acqua — fino a — ciò dal. E.
  6. Fugeno; da fugere. E.