Pagina:Commedia - Purgatorio (Buti).djvu/336

   326 p u r g a t o r i o   xiv. [v. 16-27]

spiriti a me Dante: O anima, che fitta Nel corpo ancor: imperò che se’ anco unita col corpo, in ver lo Ciel ten vai; montando lo monte del purgatorio, per lo quale s’intende lo montamento a lo stato de la penitenzia, Per carità ne consola; cioè noi, che desideriamo di sapere, e ne ditta; cioè dì a noi, Unde vieni; tu, anima, e chi se’; che tu ài sì grande grazia: chè tu ne fai; cioè fai noi, Tanto meravilliar de la tua grazia; che tu ài di così andare, Quanto vuol cosa; che omo si meravilli, che non fu più mai: imperò che non fu mai che niuno andasse a questo modo; e tacitamente l’autore loda la sua finzione: imperò che non fu mai niuno, che sì fatta finzione fingesse.

C. XIV — v. 16-27. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come, addimandato dall’uno di quelli due spiriti, come ditto è di sopra, rispuose de la terra, de la nazione sua per circuizione, dicendo così: Et io; cioè Dante rispuosi, s’intende: Per mezza Toscana si spazia Un fiumicel; questo è l’Arno, come apparrà di sotto, che nasce in Falterona: questo Falterona è uno colle del monte Appennino che è in Casentino, e di quil monte esce la fonte, unde nasce Arno, E cento millia di corso nol sazia: imperò che dal nascimento suo a la marina di Pisa, dove entra nel mare, à più di cento millia. Di sovra esso; cioè fiume d’Arno: imperò che di Fiorensa, ch’è in sul fiume d’Arno, come è ancora Pisa, rech’io; cioè Dante, questa persona: però che quive nacque. Dirvi ch’io sia; cioè per nome, serea parlare indarno: imperò che non mi cognoscereste perciò, Chè il nome mio ancor molto non sona; cioè non sono persona di grande fama. Se ben lo intendimento tuo accarno; cioè se ben coniungo lo intendimento de le tuoe parole, Co lo intelletto; cioè ch’io apprendo de le tuoe parole, allora mi rispuose Quei che prima dicea; cioè colui che prima mi parlava, tu parli d’Arno; cioè tu dici del fiume di Toscana; e questo dice, perchè in Toscana sono due fiumi che amburo nasceno in Falterona; cioè l’Arno che entra in mare a la foce di Pisa; e lo Tevere che entra in mare a la foce di Roma, e va per Roma, come l’Arno per Fiorensa e per Pisa. E l’altro; cioè quello spirito che avea indutto a parlare quell’altro, disse lui: cioè disse a lui: Perchè nascose Questi ’l vocabol di quella rivera; cioè de la riviera d’Arno, che nol volse nominare per lo suo proprio nome, Pur come l’om fa de l’orribil cose; cioè de le cose che s’àe paura, che l’uomo male volontieri le nomina?

C. XIV — v. 28-42. In questi cinque ternari lo nostro autore finge che l’ombra, dimandata dall’altra perchè Dante avea taciuto lo nome d’Arno, risponda et assegni la cagione perchè l’autore dubitò di nominarlo, dicendo così: E l’ombra; cioè quell’anima, che di ciò; cioè di quel che ditto è di sopra, dimandata era; dall’altra. Si sdebitò così; cioè risponde così: Non fu mai degno: cioè lo nome