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morto, e ben dice il volo: imperò che l’anima separata dal corpo vola u’ ella dè, come vola l’uccello, Et apre li occhi a sua vollia e coperchia? Questo dice1 per quello che avea udito dire a lui di sopra, che elli nol potè vedere; ma avea udito. Non so chi sia; rispondeva l’altro spirito a quello che prima avea parlato; cioè quel di sopra a quil di sotto, che elli non sapea chi era Dante, et adiungea: ma so che non è solo: imperò che sensa guida non si potea fare tale cammino, e questo sapea bene quello spirito. Dimandal tu; dicea l’uno all’altro, cioè quello di sopra a quello di sotto, che venia in verso Dante; e però segue: che più li t’avvicini; cioè che più presso vieni a lui che io, E dolcemente; cioè lo dimanda, sì che parli a colo; cioè puntatamente e determinatamente, e non con orazioni suspensive: imperò che chi parla, parla con tre distinzioni; la prima si chiama suspensiva, quando la sentenzia delle parole non è compiuta, e lo punto con che si punta tale distinzione, chiamasi coma in Retorica. La seconda è quando la sentenzia è compiuta, et anco resta a dire costante, e lo punto con che si punta tale distinzione, si chiama colo. La tersa è quando non resta a dire più de la sentenzia e chiamasi finitiva, e lo punto con che si punta tale distinzione, si chiama periodo. E però dice quello spirito, ch’è più in su, a quello di sotto che è in verso Dante che dimandi dolcemente Dante chi elli è, e parli a colo; cioè con quella distinzione che è costante, ne la quale è perfetta sentenzia, e puntasi con quel punto che si chiama colo; sicchè parlare a colo è parlare con perfezione di parole e di sentenzie.E questo finge l’autore, perchè li spiriti che à introdutto a parlare, come apparrà di sotto, siano di Romagna, e quello che è ammonito che parli dolcemente fu omo molto superbo e sdegnoso, e parlava sempre quando era nel mondo con bronci e con sdegno, sicchè però finge che l’ammonisse che parlasse dolcemente. E benchè io non abbia trovato che questo vocabulo a colo fùsi in alcuno linguaggio; penso che l’autore forsi l’usò come adiettivo, che significasse benigno et amorevile, quasi dicesse: Parla sì dolcemente e dimandalo, che tu parli a colo; cioè benigno et amorevile; pilli lo lettore quale esposizione li piace più. Così du’ spirti, l’uno all’altro chini; cioè inchinati, Ragionavan di me; dice Dante, in ver man dritta; cioè in verso la parte dove andavamo, più su che noi: imperò che, come ditto è, l’autore per lo purgatorio sempre finge che andasse in verso man ritta, Poi fer li visi; cioè li loro volti, per dirmi; cioè per ragionare a me. Dante, supini; cioè alti, come fanno li ciechi che alsano lo volto, quando volliano parlare ad altrui. E disse l’uno; cioè di quelli due

  1. C. M. diceano per quello che aveano udito dire a lui di sopra, che elli nol poteano vedere; ma aveanlo udito.