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c a n t o    xiv. 323

124Ma va via, Tosco, omai, che mi diletta
     Troppo di pianger più che di parlare:
     Sì m’à vostra ragion la mente stretta.12
127Noi sapevam che quelle anime care
     Ci sentivan andar; però tacendo
     Facevan noi del cammin confidare.
130Poi fummo fatti soli procedendo,
     Folgore parve, quando l’aire fende,
     Voce, che giunse di contra, dicendo:3
133Anciderammi qualunqua mi prende;
     E fuggìo come tuon che si dilegua,
     Se subito la nuvola scoscende.
136Come da lui l’udir nostro ebbe tregua:4
     Et ecco l’altra con sì gran fracasso.
     Che similliò tonar che tosto segua:
139Io sono Aglauro che divenni sasso;
     Et allor, per ristringermi al Poeta,
     Indietro feci e non innanti ’l passo.
142Già era l’aire d’ogni parte queta;
     Et el mi disse: Quel fu ’l duro camo,5
     Che dovrea l’om tener dentro a sua meta.
145Ma voi prendete l’esca, sì che l’amo
     Dell’antico avversaro a sè vi tira;
     E però poco val freno o richiamo.
148Chiamavi il Cielo, e intorno vi si gira,
     Mostrandovi le sue bellezze eterne,
     E l’occhio vostro pur a terra mira;
151Onde vi batte Chi tutto discerne.

  1. v. 126. C. M. nostra ragion
  2. v. 126. C. A. Si m’à nostra ragion mia mente
  3. v. 132. C. A. incontro a noi,
  4. v. 136. C. A. da lei
  5. v. 143. C. A. fu duro