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c a n t o    xiv. 319

19Di sovra esso rech’io questa persona.
     Dirvi ch’io sia, serea parlare indarno:1
     Chè il nome mio ancor molto non sona.
22Se ben lo intendimento tuo accarno
     Co lo intelletto, allora mi rispuose
     Quei che prima dicea, tu parli d’Arno.
25E l’altro disse lui: Perchè nascose
     Questi ’l vocabol di quella rivera,
     Pur come l’om fa de l’orribil cose?2
28E l’ombra, che di ciò dimandata era,
     Si sdebitò così: Non fu mai degno;3
     Ben è che ’l nome di tal valle pera:
31Chè dal principio suo, ov’è sì pregno4
     L’alpestro monte ond’è tronco Peloro,
     Che in poghi luoghi passa oltra a quel segno,
34Infin là u’ si rende per ristoro5
     Di quel che il Ciel de la marina asciuga,
     Unde ànno i fiumi ciò che va con loro,
37Virtù così per nimica si fuga
     Da tutti, come biscia, o per sventura
     Del luogo, o per male uso che li fruga;
40Ond’ànno si mutato lor natura
     Li abitator de la misera valle,
     Che par che Circe li avesse in pastura.
43Tra bruti porci, più degni di galle6
     Che d’altro cibo fatto in uman uso,
     Dirizza prima il suo povero calle.7

  1. v. 20. C. A. saria
  2. v. 27. C. A. come uom
  3. v. 29. C. A. Non so; ma segno
  4. vv. 31-36. Pongasi mente con che mirabile concisione descrive il Poeta il moto circolare dell’acque e il ritorno loro in sè stesse. E.
  5. v. 34. C. A. Infin dove si
  6. v. 43. C. M. Tra brutti porci,
  7. v. 45. C. A. prima suo