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C A N T O XIV.
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1Chi è costui che il nostro monte cerchia,
Prima che morte li abbia dato il volo,
Et apre li occhi a sua vollia e coperchia?
4Non so chi sia; ma so che non è solo:
Dimandal tu, che più li t’avvicini;
E dolcemente, sì che parli a colo.1
7Così du spirti, l’uno all’altro chini,
Ragionavan di me in ver man dritta,2
Poi fer li visi, per dirmi, supini.
10E disse l’uno: O anima, che fitta
Nel corpo ancor in ver lo Ciel ten vai,3
Per carità ne consola, e ne ditta4
13Unde vieni, e chi se’: che tu ne fai
Tanto meravilliar de la tua grazia,
Quanto vuol cosa che non fu più mai.5
16Et io: Per mezza Toscana si spazia6
Un fiumicel che nasce in Falterona,
E cento millia di corso nol sazia;
- ↑ v. 6. Singolare è questa lezione dei nostri Codici, accettata pure dall’Editore romano, mentre la comune dà — sì che parli, accolo — la quale così vorrebb’essere dichiarata: Accolo; accogli lui, da accoro o accorre. E. — C. A. accòlo.
- ↑ v. 8. C. A. di me a man diritta,
- ↑ v. 11. C.M. C. A. in.verso il Ciel
- ↑ v. 12. Ditta; dì, dall’infinito dittare, e codesto dal dictare latino, che vale pure andar dicendo, insegnare, mostrare. E.
- ↑ v. 15. C. M. non fu già
- ↑ v. 16. C. A. mezzo