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[v. 130-138] | c o m m e n t o | 315 |
amico di questa donna, unde pregò molto Iddio per lei; sicchè dimostra che per le suoe orazioni li fussi abbreviato lo tempo de la penitenzia, e però dice: in suoe sante orazioni; che fece per me, A cui; cioè al quale Piero Pettinaro, di me per carità rincrebbe: la carità del prossimo ci muove ad avere compassione al prossimo, che è appenato.
C. XIII — v. 130-138. In questi tre ternari lo nostro autore finge come la ditta anima lo dimandò chi elli era, e com’elli si li manifesta, dicendo: Ma tu chi se’; disse Sapìa a Dante, che nostre condizioni; cioè di noi, che ci purghiamo del peccato de la invidia, Vai dimandando; come apparve di sopra, e porti li occhi sciolti; questo dicea per rispetto di loro, che li aveano cuciti col filo del ferro, Sì come io credo; questo dice, per confirmare la finzione d’avere cucito li occhi: imperò che non vedea; parlava per credenzia, e spirando ragioni? Per questo significa che era vivo, secondo che apprendea Sapìa per l’audito, che l’udiva fiatare. Li occhi mi fino ancor, diss’io, qui tolti; ecco che l’autore si manifesta avere colpa nel peccato de la invidia, in quanto dice che li occhi li fino ancora quive; cioè in quil balso, tolti; ma dice che piccula colpa n’ avea, e però dice: Ma piccol tempo: imperò che, secondo la grandezza de la colpa, dura lo tempo de la pena: chè poca è l’offesa; ecco che ne rende la cagione: imperò che pogo n’avea offeso nel peccato de la invidia, Fatta, per esser con invidia volti; cioè li miei occhi volti per invidia non ànno fatto molta offesa; ma poca. Troppa è più la paura; ecco che manifesta d’ avere molto peccato più in superbia, ond’ è sospesa; cioè è sollicitata e sta in dubbio di potere portare quel carico, ch’io aspetto di portare, L’ anima mia, del tormento di sotto; cioè del primo balso, dove si purgano li superbi, Che già lo carco di laggiù mi pesa; cioè lo carico ch’ io aspetto di portare, quando serò morto, in sul capo per la mia superbia, già m’incresce e dà tormento a l’anima mia, come se io l’avessi addosso. E qui si può muovere uno dubbio; cioè come aspetta d’essere anco purgato de’ suoi peccati, che finge che ora si purghi di ciascuno, secondo che monta di balso in balso; et anco l’angiulo che ’l misse dentro a la porta, che li scrisse 7 P ne la fronte, li disse: Fa che lavi, Quando se’ dentro, queste piaghe, dunque monstrebbe che du’ volte dovesse essere purgato di quelli peccati, che serebbe contra la iustizia di Dio? A che si può rispondere che, come detto è, benchè l’autore, secondo la lettera paia parlare de la purgazione che fa l’anima separata dal corpo; allegoricamente intende di quella che fa l’anima unita col corpo, la quale al meno vasta a purgarci da la colpa, se non si facesse già eccessivamente che purgasse ancora de la pena, et assolvesse; e per tale modo finge l’autore di purgarsi ora da la colpa; ma di po’ la sua vita