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[v. 103-111] | c o m m e n t o | 313 |
battallia di su una torre u’ella era, e vedendo sconfitti li Senesi dai Fiorentini, presene grandissima allegressa dicendo: Ingiù mai mi faccia Iddio lo peggio ch’elli può, ch’io non temo, perch’io ò veduto quello che sommamente desiderava. Ecco che in costei fu peccato non solamente d’invidia; ma di superbia, e però si dice che la superbia è madre de la invidia; unde l’autore non ne fa menzione qui, perché presuppone ch’ella fusse purgata del peccato de la superbia, nel primo balso: imperò che la finzione sua osserva questo ordine che, con ciò sia cosa che chi sta nel mondo e vive mondanamente, pecchi in tutti li peccati mortali per qualche modo o pogo o assai, vuole che l’anima ch’è uscita dal corpo e va a purgare li suoi peccati, prima purghi la negligenzia de la penitenzia ne la piaggia e ne la costa del monte, come ditto è, stando quive tanto, quanto è stata negligente nel mondo a venire a lo stato de la penitenzia; poi intrata nel purgatorio, si purghi nel primo balso del peccato de la superbia; poi purgata di quello, monti nel secondo e purghisi di quello che àe peccato per invidia; poi purgato di quello, monti nel terso e purghisi di quello che àe peccato per ira; poi purgata di quello, monti nel quarto e purghisi di quello che à peccato per accidia; e poi 1 monti nel quinto e purghisi di quello che àe peccato per avarizia; poi purgata di quello, monti nel sesto e purghisi di quello che àe peccato per gola; poi purgata di quello, monti nel settimo e purghisi di quello che àe peccato per lussuria; e così purgata, monti in cima del monte, et entri nel paradiso delitiarum, dove Cristo mena seco la grande moltitudine dell’anime purgate in vita eterna. E moralmente questo ordine intende di quelli del mondo che entrano ne la penitenzia, che gradatamente si purgano di tutti li loro peccati, incominciando da’ più gravi e procedendo successivamente, infine che vegnano a lo stato de la innocenzia, nel quale fu lo primo omo creato, e mentre che stette in paradiso delitiarum, stette in tale stato; e così sono in simile stato li omini santi che sono nel mondo, benché siano poghi.
C. XIII — v. 112-129. In questi sei ternari lo nostro autore finge che quello spirito, lo quale àe introdutto a parlare di sopra, li dica lo modo e le circustanzie del suo peccato, e lo suo ritornamento a Dio, dicendo: E perchè tu; cioè Dante, non credi ch’io t’inganni; dice questa Sapìa, Odi s’io fui, com’io ti dico or, folle: stolto è chi fa contra Dio. Già descendendo l’arco de’miei anni; in queste brevi parole lo nostro autore dimostra lo processo de la vita corporale essere circulare, come è quello dell’anima: imperò che la natura pillii delli umori 2 elementari a formare lo corpo umano, essenti nel