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312 | p u r g a t o r i o xiii. | [v. 94-111] |
habemus hic manentem civitatem; sed futuram inquirimus. — ma tu; cioè Dante, che tu dimandi, vuoi dire; parlando corretto, Che vivesse in Italia peregrina; cioè come peregrina; e però quando tu dicesti se era tra noi anima che sia latina, non dicesti proprio, dovei dire, come ditto è: imperò che santo Agostino dice: Omnis homo, qui ad supernam pertinet civitatem, peregrinus est mundo; et dum temporali utitur vita, in patria vivit aliena etc. — Questo; che ditto è, mi parve; cioè a me Dante, per risposta udire Più inanti alquanto, che là dov’io stava; cioè che chi rispuose era più innanti, che quive n’era Dante, Et io mi fei ancor più là sentire; cioè fecimi più innanti, dimandando chi era lo rispondente. Tra l’altre viddi; io Dante, un’ombra, ch’ aspettava; cioè ch’io mi facesse inanti, In vista cioè all’atto della faccia, e se volesse alcun dir: Come; dice l’autore: Se alcuno volesse dire: Come dici tu, ch’ aspettava in vista? Diròtelo: Lo mento, a guisa d’orbo, in su levava: cotale atto fanno li cechi, quando aspettano; e sopra questa parte non è altro intelletto che litterale.
C. XIII — v. 103— 111. In questi tre ternari lo nostro autore finge come quello spirito ch’avea parlato, pregato da lui, si li diè a cognoscere e per nome e per origine, dicendo: Spirto, diss’io; cioè Dante, che; cioè lo quale, per salir; cioè per diventar degno di salire a vita eterna, montando di balso in balso, ti dome; cioè ti purghi del peccato de la invidia, Se tu se’ quelli che mi rispondesti; come ditto fu di sopra, Fammiti; cioè fa te a me, conto; cioè manifesto, o per loco; cioè de la tua origine, o per nome; tuo proprio. Io fui Sanese; ecco che si manifesta quanto a luogo de la sua origine, in quanto dice che fu da Siena, rispuose; cioè esso spirito, e con questi Altri; cioè che sono qui, rimendo; co la purgazione, qui cioè in questo luogo, la vita ria; cioè lo peccato ch’io commessi ne la vita, Lagrimando; cioè pregando con lagrime, a Colui; cioè Iddio, che sè ne presti; cioè conceda sè a me. Savia non fui: imperò che peccavi 1: chi è savio schifa lo vizio e ’l peccato; unde Orazio in Epistolis, epistola prima: Ad summam, sapiens uno minor est Jove: dives, Liber, honoratus, pulcher, rex denique regum ec.— , avvegna che Sapia Fossi chiamata; ecco che si nomina che ebbe nome Sapìa, e fui delli altrui danni Più lieta assai, che di ventura mia; ecco che manifesta la sua colpa; cioè che peccò per invidia, essendo lieta del male altrui più che non era del bene suo. Questa fu una donna senese, gentile donna, la quale vedendo male trattare li suoi da’ Senesi e stando in contado, perchè bene non potea stare ne la città che v’era sospetta; combattendo li Fiorentini a Colle di Valdelsa coi Senesi, vedendo la
- ↑ Peccavi; peccai, come givi a pag. 270 di questo Volume. E.