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   22 purgatorio   i. [v. 70-84]

non v’era altra via; a camparlo, Che questa per la quale io mi son messo; la quale specifica di sotto. Mostrato ò a lui; cioè a Dante, tutta la gente ria; cioè litteralmente lo inferno; ma allegoricamente le specie dei peccati e li omini peccatori, Et ora intendo a mostrar quelli spirti, Che purgan sè sotto la tua balia; cioè lo purgatorio, secondo la lettera; ma secondo l’allegoria quelli omini, che sono in stato di penitenzia e li gradi de la penitenzia, li quali sono sotto la balia di Catone; cioè dell’osservazione de la iustizia: imperò che Catone qui significa allegoricamente l’austerità e rigidità de la iustizia, la quale si richiede ne la penitenzia. Come io; cioè Virgilio, l’ò tratto; cioè lui Dante, seria lungo a dirti; e però si scusa de la narrazione per la lunghezza: Dell’alto scende; cioè di cielo da Dio, virtù, che m’aiuta; cioè cooperante e consumante grazia, Conducerlo a veder te; cioè Catone, cioè esecutore rigido et austero di iustizia, et a udirti; cioè te Catone; e moralmente s’intende, a considerare la virtù tua et udire coloro che ànno scritto de la tua virtù.

C. I — v. 70-84. In questi cinque ternari risponde l’autore prima a le ragioni mosse per Catone; appresso lo prega che li lassi andare, dicendo: Or ti piaccia gradir; cioè avere a grado a te, Catone, la sua venuta; cioè di Dante, del quale fu detto di sopra: Libertà va cercando; cioè Dante dal vizio e dal peccato e da ogni impaccio che li desse lentezza ad andare a lo stato de la penitenzia, ch’è sì cara; cioè la libertà, Come sa chi per lei vita rifiuta: multi virtuosi omini ànno refiutato la vita, per non perdere la loro libertà. Tu il sai; cioè tu, Catone, che non ti fu per lei amara In Utica la morte; questo dice, perchè Catone essendo in Utica, che è città d’Africa, vedendo che Cesare al tutto avea occupato la republica e non c’era più speranza di libertà, si diè la morte gittandosi in sul proprio coltello; e poi essendo a giacere, perchè non morìa così tosto, misse le dita ne la ferita del petto e stracciolla, acciò che più tosto n’escisse lo spirito, ove lassasti La veste; cioè lo corpo, che è veste dell’anima, che al gran di'; cioè dopo la resurrezione generale, quando serà di’ sì grande, ovvero perpetuo, che serà vita che non verrà mai meno, serà sì chiara: imperò che li beati risuscitati risplenderanno più che lo sole. E per questo l’autore dimostra che Catone debbia essere salvo: pietosamente si può credere che omo di tanta virtù fusse al fine suo illuminato de la fede, e che si pentisse de la morte indutta da sè medesimo e de’ peccati ch’avea commesso. Non son; ora risponde a le dimande fatte di sopra da Catone a Virgilio et a Dante, dicendo: Non son li editti eterni; cioè li statuti eterni, cioè che Dio ordinò ab eterno, per noi; cioè per me e per Dante, dice Virgilio, guasti: però che non abbiamo fatto contrario: Chè questi; cioè Dante, vive; e così dimostra che Dante