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quivi; cioè in quil luogo, ond’io; cioè del quale luogo, parlo ora; cioè avale, Luce del Ciel di sè largir non vole; cioè che non si lassa loro vedere; e questo è per purgazione del loro peccato: imperò che ben merita d’essere privato de la luce 1 del cielo chi à preso dispiacere del bene altrui; e questo è conveniente alla lettora 2. Puòsi intendere ancora che Iddio, che è luce del cielo, non si lassa loro vedere, infine che non sono purgati del loro peccato; e questo è milliore intelletto. Allegoricamente si dè intendere che la grazia di Dio illuminante, per la quale l’omo possa vedere lo bene del prossimo suo con allegressa e non tristandosene, come fa lo invidioso, non si vuole dare a chi è cieco che si duole del bene del prossimo, in fine a tanto che non è purgato di tale peccato co la penitenzia; poi ch’è purgato di tale peccato co la penitenzia, aperse li 3 occhi de la ragione e de lo intelletto, sicchè la grazia di Dio lo inlumina, sicché possa poi vedere lo bene del prossimo con allegressa. Chè a tutti; cioè quelli peccatori, un fil di ferro il cillio fora: cillio propiamente si chiama quive dove sono le lappule, che quello dove sono li peli si chiama sopracillio, E cucesi; cioè l’uno cillio coll’altro, come a sparvier silvaggio; cioè salvatico, Si fa; cioè si cuce: però che queto non dimora: così l’invidiosi debbeno tenere cuciti li occhi, per non vedere quello che li debbia muovere ad invidia, infine a tanto che non sono ben purgati del peccato, poi che l’animo loro non sta cheto a quil che Dio vuole fare alli altri omini dei suoi beni; e dè essere questo legame duro e forte com’è lo ferro, sicchè non s’aprino a vedere quello che è loro nocivo. A me; cioè Dante, parea andando, per quel luogo, fare oltraggio; cioè contra ragione, Veggendo altrui; com’io vedea, andando per quil luogo, non essendo veduto; cioè da quelle anime che aveano cucito li occhi, Per ch’io; cioè per la qual cosa io, mi volsi al mio Consillio saggio; cioè a Virgilio che significa la ragione, come ditto è. Ben sapea el; cioè elli Virgilio, che volea dir lo muto: la sensualità è mutula per rispetto de la ragione. E tocca qui l’autore latentemente l’ordine de le potenzie animali; cioè che la ragione comprende quello che la sensualità; ma la sensualità non comprende quello che la ragione, sicchè la ragione, dato che la sensualità taccia, comprende la sua potenzia. E però non attese; cioè non aspettò, mia domanda; cioè ch’io li dimandasse consillio; ma subitamente mutò consillio, dicendo ch’io parlasse breve e saviamente 4; e però dice: Ma disse; Virgilio a me Dante: Parla; tu, Dante, e sii breve et arguto; cioè sia breve la tua orazione e sa-

  1. Si è aggiunto - del cielo - sino alla fine del periodo, colla scorta del Magliabechiano. E.
  2. Lettora; lettera, rinviensi talora nei nostri antichi. E.
  3. C. M. co la penitenzia apresi li occhi
  4. C. M. suavemente;