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[v. 22-48] | c o m m e n t o | 305 |
terando; cioè dicendo anco un’altra volta. E così finge che questa voce vada in giro sopra ’l balso secondo, raccordando a quelle anime l’esemplo ditto di sopra, per inducerle a carità, o pregando Iddio che faccia loro come fece ne le nosse preditte; e così a quelli del inondo. E prima ch’ ei del tutto; cioè al tutto, non s’udisse Per l’allongarsi; cioè per la distanzia, un’altra; cioè voce: Io sono Oreste, Passò, gridando; cioè 1 la prima, et anco non s’affisse; cioè non si fermò come non si fermò la prima, perchè volava in giro. Questo Oreste, secondo che dice Tullio nel libro de la Amicizia, fu grandissimo compagno et amico di Pilade; e così Pilade d’Oreste in tanto, che secondo che finge Pacuvio 2 poeta, essendo accusato Oreste innanti al re del maleficio commesso (e credo che questo fusse quando uccise Pirro filliuolo d’Achille, perchè li avea levato Ermione ch’era stata promessa a lui per donna prima che a Pirro, per lo quale dovea perdere la persona) dimandando lo re quale di loro du’ fusse Oreste: imperò che amburo li erano dinanti et elli non cognoscea, dicea Pilade ch’ elli era Oreste, per campare lui e morire in suo scambio; et Oreste contendea e dicea anco: Sono io Oreste, perchè Pilade non morisse. Ecco perfetto amore, lo quale l’autore finge che sia ricordato sopra ’l balso dell’invidiosi, per inducerli a carità et amore. O; questa è interiezione che significa ammirazione, diss’ io; cioè Dante, Padre; ecco che chiama Virgilio padre, e dimandalo, che voci son queste; le quali io odo? E come dimandai, ecco la terza; cioè voce uditti ancora che passava, Dicendo: Amate da cui male aveste; de le ditte due voci io Dante. Questo è scritto ne l’Evangelio di santo Matteo: Diligite inimicos vestros; ecco che finge che questo dica lo spirito, per accenderli a carità perfetta, che se debbiamo amare l’inimici, molto maggiormente li amici, e coloro che non ci ànno offeso.
C. XIII — v. 37-48. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come elli, dimandato 3 Virgilio de le sudette tre voci, ebbe risposta da Virgilio dichiarativa de le ditte voci, dicendo: E il buon Maestro; cioè Virgilio, disse a me Dante: Questo cinghio; cioè secondo balso del purgatorio, sferza; cioè batte e punisce co la fersa de la iustizia di Dio, La colpa de la invidia: imperò che tale peccato finge l’autore che si purghi in questo secondo balzo. Del peccato de la invidia fu trattato per me ne la prima cantica, e però chi vuole ciò vedere, ritrovilo quive; et è invidia odio dell’altrui felicità; o volliamo de l’altrui felicità in de la mente d’alcuno innata tristizia.
e però sono Tratte d’amor le corde de la ferza; la invidia: è peccato
Purg. T. II. | 20 |