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294 | p u r g a t o r i o xii. | [v. 127-136] |
de la superbia al tutto, però erano li altri peccati presso che spenti: imperò che non v’è più lo incitamento: quando l’omo, ch’è in stato di penitenzia, àe vinto la superbia et è venuto ad umilità, agevilmente vince tutti li altri peccati.
C. XII— v. 127-136. In questi tre ternari lo nostro autore fine che, mosso per lo dir di Virgilio, non credendosi avere li P designati ne la fronte ditti di sopra, si certificò cercando co la mano ch’ 1 era vero quello che Virgilio dicea, dicendo così: Allor; cioè allora, fec’io cioè io Dante, come color che vanno Con cosa in capo non da lor saputa; ecco che induce la similitudine, che alcuna volta l’omo porta una penna o altra cosa in capo, per la quale li astanti rideno o dicono qualche parola per la quale elli si mette la mano in capo e cerca tastando, e trova quello perchè altri si movea che prima non vedea, Se non che i cenni altrui; cioè fatti da altrui, sospicar fanno; cioè colui che l’àe in capo. Perchè; cioè per la qual cosa, la mano; del ditto omo, ad accertar; cioè a certificarsi, s’aiuta, E cerca e trova; cioè la mano, e quell’officio adempie; cioè la mano che cerca, Che non si può fornir per la veduta; cioè per la vista: imperò che l’occhio non si può alsare a vedere in capo. E co le dita de la destra scempie; cioè e co le dita de la mano ritta, semplice 2 sensa altro aiuto, Trovai pur sei; io Dante ne la mia fronte, de le letter, che incise; cioè dei P che funno sette ne trovò pur sei, che uno n’era al tutto spento, Quel de le chiave; cioè l’angiulo che finse di sopra, che tenesse le chiave del purgatorio, a me; cioè a me Dante, sovra le tempie; cioè ne la fronte che è più alta che le tempie. Qui moverebbe alcuno dubbio, dicendo: Pare che l’autore contradica a quello che disse di sopra: imperò che di sopra disse sette P ne la fronte mi scrisse col punton de la spada, dove mostrò che di ciò s’accorgesse, e qui pare che non s’accorgesse di quello. A che si dè rispondere che l’autore dice che non s’accorgesse dei P che li funno scritti ne la fronte; ma non s’accorgea che l’uno fusse al tutto raso, e li altri presso che spenti; e questo può vedere chi considera ben lo testo, quando dice: Trovai pur sei de le letter, che incise ec. Et è qui da notare ch’elli finge non accorgersi de la cagione de la sua leggeressa, se non che Virgilio nel fa accorto, per mostrare che la sensualità non sa quando è sodisfatto al peccato co la penitenzia, se non che la ragione sopra ciò iudica. A che guardando; cioè ch’io mi cercai la fronte co le dita, il mio Duca sorrise; Virgilio; cioè la ragione fece beffe de la sensualità, che non apprende se non cose particulari e presenti, e non apprende le passate e future, come fa la ragione; e non discorre per le singularitadi a l’università, come discorre la ragione. Seguita lo canto xiii.