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282 | p u r g a t o r i o xii. | [v. 49-51] |
male del padre, prese lo consillio dei giovani e disse al popolo minacciandolo, che se ’l padre li avea oppressi, elli li opprimerebbe via più; e così fece. Unde lo popolo indegnato uccise Aduram tributario suo co le pietre; unde elli temendo d’esser morto, montò in sul carro, e coperto lo carro si fuggì via; e però dice lo testo: O Roboam; questo era nome proprio del re filliuolo di Salomone, già non par che minacci Quivi; cioè in quella scolpitura, il tuo segno: cioè la tua figura che non era scolpita in atto minaccevile, come quando minacciò lo popolo, ma pien di spavento; cioè di paura, Nel porta il carro; cioè la tua figura quive scolpita, prima ch’altri ’l cacci; cioè prima che sia cacciato da alcuno. E qui si finge questo per la cagione, che è detta di sopra.
C. XII — v. 49-51. In questo ternario lo nostro autore finge che vedesse scolpita ne lo spasso preditto la finzione d’Almeon filliuolo del re Anfiarao lo quale era indivino, e però non volea ire a l’oste di Tebe, perchè vedea che dovea morire et essere inghiottito da la terra come elli fu, come detto è nel xx canto de la prima cantica; e però stava appiattato. Ma Argia donna di Polinice e filliuola del re Adrasto promisse ad Erifile donna d’Anfiarao lo suo cerchiello de le perle, s’ella lielo insegnasse; et ella lo insegnò, e fu costretto d’andare a la battallia, e morittevi come ditto è; e però lo suo filliuolo Almeone uccise Erifile sua madre in vendetta del padre, perch’ella l’avea insegnato. E però dice lo testo: Mostrava ancor lo duro pavimento; cioè lo duro astrato de la cornice, ne la quale erano scolpite le dette finzione e storie, Come Almeon; cioè lo filliuolo d’Anfiarao, a sua madre; cioè Erifile, fe caro Parer lo sventurato adornamento; lo cerchietto de le perle che li donò Argia: imperò che l’uccise 1. E nota che dice sventurato, perchè ad ogni uno che l’ebbe fu cagione di sciagure: imperò che finge Stazio ne la sua Tebaide che quel monile fabricasse Vulcano marito di Venere, e donasselo ad Ermione filliuola di Venere e di Marte, quando si maritò a Cadmo: imperò ch’elli l’ebbe in odio sì come nata in sua vergogna, acciò che male li colliesse; e così fu, come appare ne le sciagure che ebbe Cadmo e la sua famillia, e così chiunqua poi ebbe lo detto monile successivamente male li colse, come dimostra lo ditto autore. Questa finzione, o istoria che si debbia chiamare, dubitrebbe alcuno come vegna a proposito: imperò che se consideriamo Argia, questa peccò per avarizia o per vanagloria; e se consideriamo Almeon, pare che peccasse per ira, venendo ad impietà e parricidio. Et a che si può rispondere che per l’uno e per l’altra l’autore abbia indutto la storia: imperò che in Almeone fu superbia,
- ↑ C. M. l’uccise. Questa finzione, o istoria