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280 | p u r g a t o r i o xii. | [v. 40-43] |
però dice lo testo: O Niobe; regina di Tebe, donna del re Anfione con che occhi dolenti; cioè piangenti e lacrimanti, Vedea io; cioè Dante, te; scolpita nel marmo; e però dice: segnata in su la strada; unde passavano li superbi che si purgavano, Tra sette e sette tuoi filliuoli spenti; cioè tra sette fìlliuoli maschi e sette femine morti tutti! Et anco lo marito vi mette Ovidio, lagrimando e piangendo sempre; e cosi finge che quive fusse figurata.
C. XII — v. 40-43. In questo ternario lo nostro autore finge che vedesse scolpita ne lo spasso de la detta cornice la storia di Saul; cioè de la morte sua, secondo che è scritto ne la Bibbia nel primo libro dei Re, capitolo ultimo. Saul filliuolo di Cis de la schiatta di Beniamin fu vinto da Samuel profeta, re di Israel; e fu Saul fortissimo omo, sicché valeva per mille; e fu superbissimo et inimicava David che fu de la schiatta di Gesse, e fu più forte di lui: imperò che David valea per dieci mila. Avvenne caso che li Filistei mosseno guerra a Saul, e David fu con loro, perchè Saul lo volea pur per nimico, e fu cacciato Saul da’ nimici infine ai monti Caspi, che allora si chiamavano monti di Gelboe; e per non venire vivo a mano de’ nimici, essendo molto superbo 1, si fece uccidere a Malachita suo giovano co la sua propria spada, appostoliela in mano e comandandoli ch’elli lo percotesse, e così cadde morto in su la propria spada. Ritornato lo populo d’Israel in Gerusalemme e li Giudei in Ebron dove era David, chiamonno re David; e come si contiene nel secondo libro dei Re, capitolo primo, David essendo unto re maledisse li monti di Gelboe u’ era morto Saul, che mai non vi cadesse nè pioggia, nè rogiada, e che fusseno sterili e così sono stati poi sempre. E perchè Saul fu superbissimo, e per superbia si fece uccidere, e però finge l’autore che questa istoria vi fosse scolpita. Dice così lo testo: O Saul; re di Israel, come in su la propria spada; cioè tua 2, co la quale ti facesti uccidere a Malachita et in su la quale cadesti morto, Quivi; cioè in quel marmo figurato, parevi morto in Gelboè; cioè come tu facesti 3 uccidere te medesmo in quelli monti così chiamati, che erano figurati quive, Che; cioè lo quale Gelboè, poi; cioè che funno maladitti da David, perchè tu vi fosti morto, non sentì pioggia, nè rugiada; per la maledizione che li diede David, come ditto è! Questo finge l’autore per la cagione assegnata di sopra nell’altre finzioni et istorie.
C. XII — v. 43-45. In questo ternario lo nostro autore finge che vedesse scolpita ne lo sopra ditto luogo la finzione poetica che pone Ovidio, Metamorfosi nel libro vi; come Aragne filliuola di Idmone da