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[v. 37-39] | c o m m e n t o | 279 |
lare in 72 modi; e così non intendendo l’uno l’altro, convenne loro lassare la impresa. E perchè questo procede da superbia; cioè volersi ribellare de la sentenzia di Dio e potere più che Iddio, però Iddio mostrò ch’elli era più potente di loro; e però finge l’autore che fosse scolpita ne lo spasso de la cornice prima del purgatorio, perchè chi si purga di tale peccato scalca questa superbia, considerando la sua viltà; e così chi è nel mondo in stato di penitenzia se ne fa beffe di questo: anco è fatto menzione ne la prima cantica a la entrata del ix circulo. Dice così lo testo: Vedea; cioè Dante, Nembrot; del quale è ditto di sopra, a piè del gran lavoro; cioè de la torre. Quasi smarrito; perch’elli non intendeva lo parlare di nessuno, e nessuno lui, e riguardar le genti; ch’erano scolpite in quello marmo, Che in Sennear; cioè in quella contrada, dove s’edificò la ditta torre, con lui superbi foro; cioè quelli 24 mila e 400, che tutti pecconno per superbia, volendo contrafare a Dio.
C. XII — v. 37-39. In questo ternario finge lo nostro autore che vedesse scolpita una finzione poetica, la quale pone Ovidio, Metamorfosi nel libro vi, dicendo che Niobe fu filliuola di Tantalo filliuolo di Giove, e fu mollie d’Anfione che murò la rocca di Tebe col suono della testudine, come fìnge Ovidio ancora. Ma lo nostro autore toccò di sopra ne la prima cantica la verità; cioè che co le Muse; cioè col bel parlare indusse li omini a fare le mura, quando disse nel canto xxxii de la prima cantica: Ma quelle Donne aiutino il mio verso, Ch’aiutaro Anfione a chiuder Tebe, Sì che dal fatto il dir ec. Questa Niobe ebbe d’ Anfione 14 filliuoli, 7 maschi e 7 femmine, e per questo era tanto superba ch’ella dispregiava Latona madre d’Apolline e di Diana, e nolli volea fare, nè lassava altre donne sacrificio farli e dispregiavala, dicendo: A Latona che non à se non 2 fìlliuoli; cioè Febo e Diana, volete fare sacrificio? Faitelo 1 a me che ne sono più degna, che n’ abbo partorito 14: io sono da esser tenuta a dia 2. Unde sentendo Latona questo, lamentossi a Febo e Diana, unde Febo prese l’arco e saettò tutti li fìlliuoli di Niobe et Anfione suo marito; et ella piangendo si mutò in statua di marmo, che anco piange e stilla gocciole 3 d’acqua che paiano lagrime. E questo fingeno li Poeti che avvenisse a Niobe per la sua superbia; e però finge l’autore ch’ella sia scolpita in quello spasso de la cornice, dove si purgano li superbi. Per verisimili è che l’anime, che si purgano a contrizione del loro peccato, s’arricordano di tutti li esempli de la confusione dei superbi scalcandoli, avendo in dispiacere tale peccato, e così quelli che sono in stato di penitenzia nel mondo; e