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genzia d’essere indugiato al fine de la vita a venire a lo stato de la penitenzia. E qui occorre uno dubbio; cioè perchè l’autore finse 1 che Odorisi che fu uno miniatore, omo di non grande affare, abbia parlato sì notevilmente de la vanagloria e de la fama, come appare di sopra? A che si può rispondere che due cagioni lo movesseno; la prima che forse nc la vita questo Oderisi fu uomo d’ingegno, benché fusse miniatore, et ebbe buono sentimento come si trovano anco oggi dipintori, fabbri et altri artefici che ànno buono e sottile sentimento 2; unde, per dimostrarlo quale fu ne la vita, lo induce a parlare così qui; e questo si può comprendere per quello che l’autore disse di sopra, cioè: l’onor d’Agobbio. L’altra cagione può essere, per mostrare quanto l’anima separata del 3 corpo, essendo in grazia di Dio, acquista d’intelletto ricognoscendo la gravezza del suo peccato e l’altessa de la 4 virtù lassata da lei ne la vita, come si vede nel mondo nelli omini tornati a stato di penitenzia che, stati prima grossi d’ingegno, diventano sottili ne le cose virtuose per la grazia de lo Spirito Santo che sopra viene in loro. E qui finisce il

canto undecimo, et incominciasi lo duodecimo.

  1. C. M. finge
  2. C. M. intendimento;
  3. C. M. separata dal corpo,
  4. C. M. altezza della sua virtù

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