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   264 p u r g a t o r i o   xi. [v. 118-126]

lo tempo, la discolora; cioè li fa perdere lo colore, Per cui; cioè per lo quale tempo, ella esce de la terra acerba; quasi dica: Lo Sole e lo tempo è cagione che l’erba e le piante escano de la terra acerba e possa 1 crescono e diventino verdi e mettano frondi; e così sono cagione, ch’ella poi muti colore e secchi e caschino le frondi; e così lo di’, lo mese e li anni e ’l tempo sono cagione che la fama vegna e cresca, e così lo tempo è cagione ch’ella vegna meno. Et è qui sottilmente ditto e dèsi leggere con intendimento, attendendo a la similitudine de l’erba.

C. XI — v. 118-126. In questi tre ternari lo nostro autore finge come elli dimanda Oderisi chi è colui lo quale elli indusse di sopra per esemplo; e come li rispuose che è messere Provensan Selvani del quale fu ditto di sopra, dicendo: Et io a lui; cioè io Dante dissi a lui, cioè ad Oderisi: Lo tuo ver dir; cioè lo vero che tu dici, m’incora; cioè mi mette in cuore, Buona umiltà; cioè d’essere buono et umile, e gran tumor cioè grande infiamento di superbia, m’appiani; cioè mi cessi del cuore co le tuoe parole. Ma chi è quei; ecco che dimanda, perchè manifesti colui che arrecò di sopra per esemplo che non fu nominato, e però dice: di cui tu parlavi ora; come appare di sopra? Quelli; cioè Oderisi rispuose: Colui è, rispose, Provenzal Selvani; del quale fu ditto di sopra. È qui: però che fu presuntuoso; ecco che manifesta la colpa perchè è in si fatto luogo; cioè per la presunzione, che è de le filliuole de la superbia. Et è presunzione pilliare a sè quil ch’è d’altrui, come quando l’omo si tiene lo milliore artista che si trovi, et aràci 2 de li altri più sofficienti di lui, et arrecasi la loda che è d’altrui: così quando l’omo pillia a fare quello che non s’appartiene a lui, e preoccupa quello che è d’altrui; e così questo messere Provensal fu presuntuoso ad arrecare a sè la maggioria de la sua città, ch’era più tosto dei cittadini che v’eran più virtuosi di lui; e però seguila: A recar Siena tutta in le sue mani; cioè a recar tutta la città di Siena nel suo governo, e ne la sua potenzia, Ito è così, e va senza riposo, Po’che morì: imperò che finge l’autore che sempre vadano al tondo coi carichi addosso, in fin che è compiuta la loro penetenzia. cotal moneta rende A sodisfar chi è di là troppo oso; cioè cotal pena porta e cotal cambio dà chi è nel mondo troppo malagevile a sodisfare per lo peccato; e puosi 3 intendere cotal moneta; cioè cotal cambio rende, A sodisfar; cioè per sodisfar, chi è di là; cioè nel mondo, troppo oso; cioè troppo superbo.

C. XI — v. 127-132. In questi due ternari lo nostro autore finge

  1. C. M. e poi crescano
  2. Araci; ci arà od avrà, dall’infinito are. E.
  3. Puosi; puossi. V. Dimandolo T. ii. pag. 259 E.