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[v. 46-57] | c o m m e n t o | 257 |
veste: imperò ch’elli è col corpo, A montar su contra sua vollia è parco; cioè per la gravità de la carne è lento a montare a l’altessa de la penitenzia contra la sua volontà, quia spiritus pugnat adversus carnem, et caro adversus spiritum. Qui si dè notare una bella moralità; cioè che l’autore per questo dimostra che, chi viene a lo stato de la penitenzia di nuovo, dèsi consiliare co li esperti de’ più agevili montamenti, e quelli eleggere: chè l’omo non dè sopra sè pilliarc carico, ch’elli vi rimagna sotto o che li dia fatica importabile, considerato che noi siamo omini fragili per la nostra carne, che è corrotta per lo peccato.
C. XI — v. 46-57. In questi quattro ternari lo nostro autore finge che una di quelle anime, che veniano verso loro, rispondesse a la dimanda di Virgilio; ma non vidde quale fu che rispondesse a loro, e però dice: Le lor parole; cioè di quelle anime, che rendero a queste Che ditto avea colui; cioè Virgilio, come appare di sopra, che io; cioè lo quale io Dante, seguiva, Non fur da cui venisser manifeste; cioè non viddi chi ’l dicesse. Ma ditto fu: A man destra per la riva; cioè de la cornice, Con noi venite; ecco che dichiara che andavano in verso mano ritta, e così confortano Virgilio e Dante che vadano, e troverete il passo Possibile a sallir persona viva; ecco che dichiara l’agevilessa de la montata. E s’io non fussi impedito dal sasso; ora dimostra colui che àe parlato come arebbe vollia di cognoscer Dante, e però dice che se non fusse impacciato dal sasso, Che la cervice mia superba doma; ecco che manifesta lo suo peccato; cioè la superbia in quanto dice che la cervice mia superba doma: cervice è propiamente lo collo, ponesi alcuna volta per lo capo e cusì si pone qui, che li superbi sempre vanno col capo alto; et in vendetta di questo finge l’autore che portino lo sasso in sul capo et in sul collo, per portare lo volto basso come prima l’ànno portato alto; e però dice: Unde portar conviemmi il viso basso; dice l’anima che prima avea parlato. Cotesti; cioè Dante, ch’ancor vive: però che era col corpo come avea manifestato Virgilio, e non si noma: imperò che Virgilio noll’avea nominato, Guardere’ io; dice quell’anima, per veder s’io il cognosco; ecco l’una cagione, E per farlo pietoso a questa soma; cioè per fare che preghi Iddio per me, che mi liberi da questo carico ch’io porto.
C. XI — v. 58-72. In questi cinque ternari lo nostro autore finge che colui, che avea parlato di sopra si manifestò, dicendo: Io fui Latino; ecco che sensa essere addimandato si manifesta ch’elli fu d’Italia, e nato d’un gran Tosco; cioè fìlliuolo d’un grande omo di Toscana: imperò che fu Senese e la Toscana tiene per larghezza dal mare a l’alpe Appennino, e da la Magra in fine al Tevere, come dice lo verso: Etruriœ fines mare, Macra, Tiber et Alpes — , Guilliel-
Purg. T. II. | 17 |