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52E s’ io non fussi impedito dal sasso,
     Che la cervice mia superba doma,
     Unde portar conviemmi il viso basso,
55Cotesti, ch’ ancor vive e non si noma,
     Guardere’ io, per veder s’io il cognosco,
     E per farlo pietoso a questa soma.
58Io fui Latino, e nato d’un gran Tosco:1
     Guillielmo Aldobrandesco fu mio padre:2
     Non so se 'l nome suo giammai fu vosco.
61L’antiquo sangue e l’opere leggiadre
     De’ mie’ maggior mi fer sì arrogante,
     Che non pensando a la comune madre,3
64Ogni uno ebbi in dispetto tanto avante,4
     Ch' io ne mori’, e i miei Senesi il sanno,5
     E sallo in Campagnatico ogni fante.
67Io son Omberto; e non pur a me danno
     Superbia fe, ma tutti miei consorti
     À ella tratti seco nel malanno.
70E qui convien ch’ io questo peso porti
     Per lei, tanto che a Dio si sodisfaccia,
     Poi ch’ io nol fei tra’ vivi, qui tra’ morti.
73Ascoltando io chinai in giù la faccia;
     Et un di lor (non questi che parlava)
     Si torse sotto ’l peso che lo impaccia:
76E viddemi e cognovemi, e chiamava,
     Tenendo li occhi con fatica fisi
     A me, che tutto chin con lui andava.

  1. v. 58. Io fui Latino. Omberto degli Aldobrandeschi era nato in Toscana; ma salica era la sua casa e salico il diritto, con cui ella visse, quando fu condotta da Carlomagno in Italia. E.
  2. v. 59. C. A. Aldobrandeschi
  3. v. 63. C. A. guardando a
  4. v. 64. C. A. Ogni uom
  5. v. 65. C. A. , come i Senesi