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242 | p u r g a t o r i o x. | [v. 130-139] |
santo Agostino: Domine fecisti nos ad te, et inquietum est cor nostrum donec requiescamus in te.
C. X — v. 130-139. In questi tre ternari et uno versetto lo nostro autore specifica la pena, che finge ch’avesseno coloro che si purgavano del peccato de la superbia nel primo balso, dicendo cosi: Come, per sostener solaio e tetto; per dare mellio ad intendere la pena dei superbi pone una similitudine de le imagini, che si scolpiscono nei capitelli de le colonne, o ne’ piumacciuoli de le travi, che si scolpisceno alcuna volta omini co le ginocchia al petto che paiano sostenere tutto quel carico, sicché chi li vede n’àe rancura; e però dice: Per mensola; questo vocabulo significa lo piumacciuolo o lo capitello o lo scedone o leoncello che si chiama, che sostiene qualche trave, talvolta una figura Si vede giunger le ginocchie al petto; perchè cosi è scolpita, La qual; cioè figura, fa del non ver: imperò che non è vero che quella figura senta gravessa di carico, e niente di meno pare a chi la vede ch’ella la senta e che nelli atti dica: Non posso più; e fanne increscere a chi la vede; e però dice: vera rancura; cioè vero increscimento, Nascere a chi lor vede così fatti; cioè a chi li vede così dipinti e scolpiti, Viddi io; cioè Dante, color; cioè quelle anime dei superbi, come ditto è di sopra, quando puosi ben cura. Ver è che più e men eran contratti; cioè sotto li grandi sassi che portavano addosso, Secondo ch’avien più e meno addosso; e per questo dimostra che i carichi non fusseno equali, E qual più pazienzia avea nelli atti; di quelli appenati, Piangendo parea dicer: Più non posso; cioè nelli atti; non però che ’l dicesse. Questa così fatta pena finge l’autore ch’abbiano l’anime di purgatorio, che si purgano del peccato de la superbia nel primo balso; cioè che vadano intorno al balso in su la prima cornice con grandissimi sassi addosso, disegualmente secondo che più e meno ànno peccato in sì fatto peccato; e ciascuna va piangendo, e qual più contratto e qual meno, secondo che era più gravato e meno gravato. E questa pena propiamente e debitamente si conviene a tale peccato: imperò che quello peso del sasso dà ad intendere la coscienzia de la grandezza de la superbia, e la duressa che il peccatore ebbe in questa vita ad uscire di quello, la quale grava lo capo del peccatore; cioè la memoria sua ch’elli n’àe, la quale è significata per lo capo, per ch’ella sta nel capo, come diceno li Naturali che la memoria è nel celebro, e fa ciascuno piegare a la terra col capo e ritornare in giuso, quando porta lo peso del peccato: imperò che ciascuno desidera e vorrebbe potere emendare la sua superbia; e tanto col volere s’aumilia, quanto s’inalsò per superbia, et anco più tanto quanto cognosce più valere la vertù. Ciascuno piange, perchè le lagrime sono segno di contrizione del cuore; e ciascuno dice: Più non