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[v. 22-27] | c o m m e n t o | 15 |
che le loro fiamme sono li omini adornati de le virtù, che fanno penitenzia, accordandosi co la Santa Scrittura dicente: Dico vobis quod ita gaudium erit in coelo super uno peccatore poenitentiam agente, quam super nonaginta novem iustis, qui non indigent poenitentia. — O settentrional vedovo sito; esclama l’autore, usando lo colore, che si chiama esclamazione da Tullio, al nostro polo artico fingendo che sia vedovo e privato di quelle 4 stelle: sito tanto è a dire quanto luogo, e però dice: O settentrional sito; cioè o luogo di settentrione, ben se’ vedovo e privato di bellezza, e rende la ragione, Poi che privato se’; tu settentrione, di mirar quelle; cioè quelle 4 stelle! E secondo la lettera s’accorda colla Santa Scrittura che dice: Ab aquilone surget omne malum; ma allegoricamente l’autore intese delli omini del mondo, li quali sono tutti divisi in due parti; cioè buoni e rii; e pone li buoni per quelli che sono inverso l’antartico, li quali sempre mirano le virtù cardinali e le loro specie operando quelle; e li rei pone per quelli che sono inverso l’artico polo; cioè settentrione, li quali non mirano mai a le virtù, perchè sono dati ai vizi. Et usa questa fizione, perchè il settentrionale polo è freddo, che significa lo vizioso stato che è privato di carità, e quive fu messo l’uomo in esilio, cacciato del paradiso; e di lì dal mezzo di’, lo quale è caldo nell’altro emisperio, finge essere lo paradiso nel quale serebbe sempre stato l’uomo acceso di carità, e così sarebbe stato in stato virtuoso; e però finge che quinde si veggano quelle 4 stelle di Dio: imperò che per grazia influente dal cielo, l’omo serebbe stato naturalmente disposto a le ditte virtù, et in esse continuato; e per la grazia di Dio cooperante arebbe quelle e le 3 teologiche avute in atto et operazione. E perchè l’autore intende ingiummai a trattare di quelli che sono in stato di penitenzia et àe lassato quelli che sono in vita viziosa, e però finge che sia ora sotto l’altro polo; cioè in considerazione de la vita virtuosa dove risplendeno le virtù cardinali e tutte loro specie, de la quale vita ànno allegrezza li angeli, e li santi; e però finge che il cielo goda dei loro splendori. E mentre che trattò dei vizi e dei peccati, finse essere sotto lo nostro polo settentrionale, del quale àe posto la sua esclamazione, perchè chi sta in tale vita, che si può dire morte più tosto che vita, è privato delle virtù cardinali e de le loro specie, e però quelli cotali ben sono vedovi: imperò che sono sensa Dio lo quale è sposo dell’anime umane, mentre che sono virtuose; ma quando diventano viziose, si parte da loro. E per questo chiaramente si vede che lo nostro autore una cosa finge et un’altra intende sì, che non si dè pur considerare la lettera; ma anco la sua allegoria.
C. I — v. 28-39. In questi quattro ternari lo nostro autore finge come in quello luogo, dove àe detto che era, elli trovò Catone, del