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[v. 28-45] | c o m m e n t o | 229 |
purghi Io peccato de l’ira, e finge che sia minore e più alto che l’ terso; et incomincia a trattare di quello nel canto xvii che incomincia rincorditi, Lettor ec. Nel v balso fiuge che si purghi lo peccato de l’avarizia, e finge che sia minore e più alto che ’l iv; et incomincia a trattare di quello nel canto xix, che incomincia: Nell’ora che non può l calor ec. Nel vi balso, che finge essere minore e più alto che ’l v, finge che si purghi lo peccato da la gola; et incomincia a trattare di quello nel canto xix, et incomincia: Già era l’Angel ec. Nel vii balso, che finge essere minore e più alto che ’l vi, finge che si purghi lo peccato de la lussuria; et incomincia a trattare di quello nel canto xxv, che incomincia: Ora era che ’l salir ec. E sopra il vii balso finge essere una pianura in su la sommità del monte, e quive finge che sia lo paradiso delitiarum; e di quello incomincia a trattare nel canto xxviii che incomincia: Vago già di cercar ec., e d’esso tratta infine a la fine 1 de la cantica.
C. X — v. 28-45. In questi sei ternari lo nostro autore finge che la ripa del primo balso, che cinge lo secondo, fusse di marmo bianchissimo, intalliato e sculpito tutto d’imagini d’umilità; e la prima che finge che vedesse sculpita si è quella dell’umilità de la Virgine Maria, quando riceve in sè lo nostro signore Gesù Cristo incarnato di lei e de lo Spirito Santo, perchè la Nostra Donna ebbe maggiore umilità che mai avesse creatura. E questo finge l’autore, perchè in questo primo balso finge che si purghi lo peccato de la superbia, lo quale perchè è più grave peccato che sia, però finge che si purghi nel luogo più basso e più di lunge dal cielo che tutti li altri. E perchè ne la prima cantica è stato ditto de la superbia, e trattato di quello che era di bisogno a la materia, non replicherò qui se non quello che è conveniente a la purgazione di sì fatto peccato, come finge l’autore; et imperò che li omini di penitenzia, quando si purgano di tal peccato si recano a memoria quanto è la grandessa dell’umilità, e quanto ella piace e fa piacere chi l’àe a Dio, e come ella àe sempre messo li suoi possessori in eccellentissimo stato, acciocché si dolliano di non averla avuta e d’avere avuto lo suo contrario; e però finge l’autore questa scolpitura, per dare ad intendere che questo così fatto pensieri aiuta a sostenere ogni pena per amore di tale virtù coloro che sono nel mondo; e quelli che sono in purgatorio adiuta a sostenere la pena loro debita per lo peccato. Dice così: Lassù; cioè in su la prima cornice, e primo balso del purgatorio, non eran mossi i piè nostri anco; cioè li piedi miei e di Virgilio non erano mossi, poiché eravamo iunti, quando cognobbi; cioè io Dante, quella ripa intorno; che cingea lo primo 2 balso, Che di sal-