19Io stancato et ambedu’ incerti
Di nostra via, ristemmo su in un piano
Solingo più che strade per diserti.
22Da la sua sponda, onde confina il vano,1
Appiè dell’alta ripa che pur sale,
Misurrebbe in tre volte un corpo umano;
25E quanto l’occhio mio potea trar d’ale,
Or dal sinistro et or dal destro fianco,
Questa cornice mi parea cotale.
28Lassù non eran mossi i piè nostri anco,
Quando cognobbi quella ripa intorno,
Che di sallita dritta aveva manco,2 3
31Esser di marmo candido et adorno
D’intalli sì, che non pur Policreto,4
Ma la natura lì avrebbe scorno.
34L’Angel che venne in terra col decreto
De la molti anni lacrimata pace,
Che aperse il Ciel al suo lungo devieto,5
37Dinanzi a noi pareva sì verace6
Quivi intalliato in un atto soave,
Che non sembiava imagine che tace.
40Giurato si serè ch’el dicesse Ave;7 8
Perch’ivi era imaginata Quella
Che ad aprir l’alto amor volse le chiave;9
- ↑ v. 22. C. A. Della sua spada, ove
- ↑ v. 30. C. A. ritta
- ↑ v. 30. Nell’edizione di Vindelino riscontrasi questa variante — Che dietro di salita aveva manco. E.
- ↑ v. 32. Policreto, Policrito, Policleto, si truova indifferentemente appo i padri nostri. Fra Guittone « il buon pittore Policrito ». E.
- ↑ v. 36. C. A. dal suo
- ↑ v. 37. C. A. a me
- ↑ v. 40. C. A. si saria
- ↑ v. 40. Serè; serebbe, dall’infinito sere, come truovasi in parecchi Scrittori. Ne’ Gradi di s. Geronimo ii. iii « elli sere bene preso ». E.
- ↑ v. 42. C. M. la chiave;