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218 | p u r g a t o r i o ix. | [v. 139-145] |
quando si convertitte santo Agostino a la predica di s. Ambrogio, incominciando s. Ambrogio lo primo verso, e s. Agostino seguendo, e così successivamente; e questo si suole cantare da’ cherici quando uno omo esce del mondo, e va a la religione. E cusì finge Dante che ’l cantasseno l’anime di purgatorio, vedendo lui venuto nel purgatorio, ringraziando Iddio de la sua salute, mi parea; cioè a me Dante, Udir in voce mista; cioè meschiata, al dolce suono; cioè al suono della musica: alcuna volta la voce è simplice, quanto elli 1 è semplice lo suono; alcuna volta è meschiata col suono musicale, quando è artificiata. Tale imagine appunto mi rendea Ciò ch’io udia; cioè io Dante, qual prender si suole, Quando a cantar con organi si stea 2; fa una similitudine che, così parea lo suono di quil 3 cantico, come se fusse cantato da omini con organi; e però adiunge: Ch’or sì, or no s’intenden le parole; le quali li organi cantano, e così nè tutte s’intendono, nè tutte non s’intendono; e così parea a Dante udire quil 3 cantico. E per questo possiamo comprendere che Dante finge del purgatorio quello, che è de la Chiesa militante in tutti li atti. E qui finisce il canto nono, et incomincia lo canto
decimo.
- ↑ C. M. ella à simplice suono;
- ↑ Stea; voce dell’imperfetto dell’indicativo derivata da stere. E.
- ↑ 3,0 3,1 C. M. quel
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