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[v. 106-114] | c o m m e n t o | 211 |
megiante come sangue ch’esca di vena, a dimostrare che la satisfazione dell’opera dè esser ferma e soda, di vari colori; ma dè vincere lo rosso e vermillio, come sono queste condizioni nel porfido vcrmillio. Dè esser ferma la satisfazione dell’opera: Quia non qui inceperit, sed qui perseveraverit usque in finem, habebit coronam. Dè esser soda e non gonfiata da vana gloria; dè esser ancora di vari colori: imperò che vari modi sono quelli di bene operare, come ne le opere de la misericordia e nelli altri atti virtuosi; ma dè vincere lo vermillio: imperò che in ogni atto virtuoso dè essere lo fervore de la carità; e veramente si simillia al sangue che esce di vena: imperò che secondo li Naturali 1 lo calore naturale sta nel sangue, e lo fervore de la carità è assimiliato al calore del fuoco. E così appare la intenzione de l’autore accordarsi co la santa Teologia, che pone che ne la perfezione de la penitenzia tre cose si denno osservare; cioè compunzione 2 del cuore, confessione di bocca, e satisfazione d’opera, acciò che come offendiamo Iddio in tre modi; cioè col cuore mal pensando, co la bocca mal dicendo, e coll’opera male operando; così sodisfaciamo a lui in tutti li suprascritti tre modi. Adiunge che l’angiulo portonaio del purgatorio tenesse le piante de’ piedi in sul porfido e sedesse in sul sollio di diamante de l’entrata del purgatorio; e questo finge, per mostrare come dè stare lo sacerdote che aspetta lo peccatore che sallie a lo stato de la penitenzia; cioè ch’elli dè tenere l’affezioni suoe nell’opere virtuose et a quelle confortare lo peccatore e stare fermo, pacifico e quieto in su la fermessa de la penitenzia, et a quella inducere lo peccatore col buono conforto e co lo esemplo buono di sè.
C. IX — v. 106-114. In questi tre ternari lo nostro autore finge come menato e guidato fu da Virgilio su per li detti tre gradi, dicendoli che dimandasse perdono, dicendo così: Per li tre gradi; cioè per li tre scaloni de la penitenzia, dei quali fu ditto di sopra, su; cioè in verso lo purgatorio, di buona vollia; cioè che volontieri montava, Mi trasse il Duca mio; cioè Virgilio tirò me Dante, dicendo: Chiedi; tu, Dante, a l’angiulo, Umilemente, che il serrame sciollia; cioè ch’apri lo serrarne, dimanda con umiltà. Divoto mi gittai; io Dante, ai santi piedi; cioè dell’angiulo, Misericordia chiesi; cioè io Dante a lui, e che m’aprisse; cioè chiesi ancora che m’aprisse la porta, Ma pria nel petto tre volte mi diedi; dicendo mia colpa. Sette P: cioè sette peccati mortali, figurati per questa littera P, però che questa dizione peccato incomincia da P, unde pone la prima littera per tutta la dizione, ne la fronte mi descrisse; cioè ne la mia fronte; di me Dante, Col punton de la spada; cioè ch’avea in mano,