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[v. 94-105] | c o m m e n t o | 209 |
esse peccandum, si spiritus vivificans desit, occidit: sciri enim facit peccatum potius, quam caveri; ideo magis vult augeri quam minui, quia male concupiscentiœ etiam prœivaricatio legis accidit — . Donna del Ciel; cioè Lucia, de la quale fu ditto di sopra, che portò Dante addormentato, di queste cose; cioè che non si può montare sensa guida che non sia nocimento, accorta; cioè saputa et avveduta, Rispose il mio Maestro a lui; cioè Virgilio al ditto angiulo, pur dianzi; cioè quando ebbe portato Dante al balso del purgatorio, Ne disse; cioè disse a noi: Andate là; dimostrando l’entrata del purgatorio, quivi è la porta; cioè l’entrata del purgatorio. Et ella i gradi vostri in bene avanzi; cioè la ditta donna guidi 1 li vostri passi in bene, e faccia avansare; cioè crescere in bene: ecco chè prega per loro. Ricominciò il cortese portonaio; cioè l’angiulo ditto di sopra recominciò a parlare, dicendo le parole ditte di sopra pregando per loro, come ditto è; et invitolli e confortolli a salire suso, dicendo: Venite dunque; poi che Lucia vi guida, inanzi; cioè più su, a’ nostri gradi; cioè ai nostri scaloni che sallieno all’entrata, dei quali si dirà di sotto. E per questo dà ad intendere l’autore che ’l confessore sacerdote, quando vede lo peccatore ben disposto, lo dè invitare e confortare a la penitenzia.
C. IX— v. 94-105. In questi quattro ternari lo nostro autore sotto finzioni di scaloni dimostra le tre condizioni, che si richiedeno al sacramento de la penitenzia, dicendo così: Là; cioè colà, dov’era la sallita de li scaloni a l’entrata del purgatorio, ne venimmo; cioè Virgilio et io Dante, e lo scallìon primaio; cioè quel di sotto, che era primo a montare suso, Bianco marmo era sì polito e terso; cioè forbito, Ch’io mi specchiava in esso; cioè io Dante, qual io paio; cioè che rilucea, sicché Dante vi vedea l’imagine sua. Era il secondo; cioè scalone da montare suso, tinto più che perso; cioè più nero che perso, che è vicino al nero, D’una pettina ruvida; cioè aspra 2, et arsiccia; cioè come arsicciata, Crepata per dilungo e per traverso; cioè ch’avea crepature in ogni modo. Lo terzo; cioè scalone, che di sopra; ai ditti due, s’ammassiccia; cioè è posto come d’una massa; però che era coniunto colli altri, Porfido mi parea; cioè a me Dante, sì fiammeggiante; cioè sì rosseggiante, Come sangue; cioè rossicava come sangue, che fuor di vena spiccia; cioè che esca fuora de la vena. Sovra questo; cioè terso, tenea ambo le piante L’Angel di Dio; cioè lo portonaio ditto di sopra, sedendo in su la sollia; cioè de la porta, Che mi sembrava; cioè mi parea, pietra di diamante; cioè lo solcare pareva a Dante che fusse di diamante. Per questi gradi dà
ad intendere lo nostro autore li tre gradi de la penitenzia, coi quali
Purg. T. II. | 14 |