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p u r g a t o r i o ix. |
[v. 13-27] |
dei suoi primi guai; cioè dei suoi primi lamenti. Dilla fu di sopra la
finzione, che pone Ovidio Metamorfosi nel vi. di Tereo re di Tracia
che ebbe per mollie Progne filliuola di Pandione re d’Atene, che
ebbe un’altra sua filliuola che si chiama 1 Filomena, per la quale
Tereo mandato da la sua donna la sforzò; unde li dienno, come ditto
fu di sopra, a mangiare uno suo fìlliuolo che si chiamava Iti. Unde
saputolo, uccise l’una e l’altra; e Progne fu mutata in rondina, e
Filomena in rusignolo, sicché finge l’autore che forsi la rondina fa
quello tristo canto, lamentandosi de la iniuria ricevuta da Tereo e
de la morte. E che la mente nostra, peregrina; cioè straniera e separata, Più da la carne: lo intelletto umano tanto è separato da la
carne, quanto elli opera sensa li strumenti corporali; cioè sensa li
cinque sensi corporali: imperò che sensa le suoe tre potenzie; cioè apprensiva, imaginativa e memorativa, che sono nel celebro 2 e
quine ànno sua sedia, nulla puote operare; et in nullo tempo è più
separato dai sentimenti, che quando l’omo dorme: imperò che tutti
si riposano e non fanno sua operazione. E quando l’omo dorme, in
nessuno tempo è più libero lo intelletto, che quando lo stomaco 3 àe
fatto la sua digestione: imperò che ’l celebro non è occupato da la
sua evaporazione; e perchè questo comunemente è la mattina in
sul di’, però finge l’autore che questa visione li venisse in sul di’.
e men dal pensier presa; quando l’omo vegghia, sempre àe qualche
pensieri, addormentandosi a poco a poco si libera l’imaginativa da
quel pensieri; sicché in nessuno tempo si trova l’imaginativa più
libera che la mattina in sul di’, che è smaltito il pensieri preso
inanti al sonno, A le sue vision quasi è divina; cioè che quello che
lo intelletto in quello tempo apprende, dormendo quasi sa indivinare quello che significa, e che dè avvenire. E notavilmente l’autore dice visioni: imperò che, come ditto fu altra volta, Macrobio
dice che visione è quando quello che si vede nel sonno, così si vede
come poi avviene; e così vuole mostrare che chiaramente vedesse
quello che avviene. In sogno; ben dice in sogno: imperò che àe finto
ch’elli dormiva, mi parea veder sospesa Un’aquila nel del con penne d’oro, Coll’ale aperte, et a calar intesa; ecco lo principio de
la sua visione. Quest’aquila co le penne dell’oro levata in cielo
stante con l’ale aperte, intesa per calarsi, significa lo dono dell’amore de lo Spirito Santo che è la carità, la quale àe penne d’oro: cioè
li razi dell’amore puri e splendenti più che l’oro, e sempre sta
levata in cielo: imperò che sempre sta coniunta con Dio in cielo, e
- ↑ C. M. si chiamò - Il nostro Codice riporta - chiama -, terminazione adoperata dagli antichi, la quale costituisce la base della terza persona plurale del perfetto con la consueta giunta del ro o rono; chiama-ro, chiama-rono. E.
- ↑ C. M. cerebro
- ↑ C. M. lo stomaco à fatto sua operazione e digestione: