Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
[v. 13-27] | c o m m e n t o | 199 |
seconda finzione àe questa esposizione che Orion, diventato cacciatore volse mantenere castità, e però fingeno ch’ elli richiedesse Diana, iddia di castità, d’amore, unde ella li apparecchiò lo scorpione; cioè la puntura de la concupicenzia 1 de la carne, et elli armato di spada e di coltello; cioè co le fatiche corporali per vincere questa suo concupiscenzia; ma non bastava, e però chiamò l’aiuto di Chirone che significa l’astinenzia che percuote di lunga; e cosi resisteo alla concupiscenzia, c servò castità. E perchè la virtù è degna del cielo, però finseno che fusseno tutti ratti in cielo e posti per segni; cioè per esempli alli omini; e per mostrare ancora che li dii che elli ànno 2 fitto, possino ogni cosa. E la notte dei passi, con che sale, Fatti avea due; ora dichiara mellio lo tempo, dicendo che già erano due ore de la notte: imperò che i passi s’intendeno l’ore, sicché la notte era sallita dall’oriente due ore, quando l’Aurora della Luna incominciò apparire: imperò che ogni segno pena 3 ad uscire dell’orizzonte due ore: la notte incominciò quando lo Sole ch’ era in Ariete andò sotto a l’occaso, e da l’oriente uscitte Scorpio, nel luogo ove eravamo; cioè nell’altro emisperio: imperò che allora si fa notte di là, quando di qua si fa di’ a noi, E il giorno già chinava in giuso l’ale: imperò che altrettanto era sceso a loro lo Sole, quanto era montata la notte; lo quale Sole a noi montava, quanto a loro discendea. Quand’io; cioè Dante, che meco avea di quel d’Adamo; cioè de la carne: imperò che l’autore, secondo la sua finzione, era quive col corpo; dice d’Adamo: imperò che quanto a la carne tutti siamo una massa con Adam, Vinto dal sonno in su l'erba inchinai: imperò che la carne non potea stare sensa dormire, Là u’ già tutti e cinque sedevamo; cioè nel prato descritto di sopra, ne la valle dov’erano li signori. E ben dice cinque, che era Virgilio, Dante, Sordello, Giudici Nino e marchese Currado, li quali s’erano quive posti a sedere, perchè era notte e non poteano sallire: ecco perchè descrisse lo tempo; per mostrare che quando s’addormentò, erano due ore di notte.
C. IX — v. 13-27. In questi cinque ternari lo nostro autore finge ch’elli, poi che fu addormentato e dormitte infine a l’aurora, ebbe una visione la quale significa lo innalsamento de la sua materia, e de lo stile, come apparrà quando si sporrà, dicendo così: Nell’ora; ecco descrive il tempo, che comincia i tristi lai; cioè i tristi lamenti, La rondinella; cioè l’uccello che fa lo passaggio e torna la primavera, presso a la mattina; cioè a l’aurora, Forsi a memoria