112Sette P ne la fronte mi descrisse
Col punton de la spada; e: Fa che lavi,
Quando se’ dentro, queste piaghe, disse.
115Cener, o terra che secca si cavi,
D’un color fora col suo vestimento;
E di sotto da quel trasse du’ chiavi.
118L’una era d’oro, e l’altra era d’argento:
Pria co la bianca, e poscia colla gialla
Fece a la porta, sì ch’io fui contento.
121Quandunqua l’una d’este chiavi falla,
Che non si volga dritto per la toppa,1
Diss’el a noi, non s’apre questa calla.
124Più cara è l’una; ma l’altra vuol troppa
D’arte e d’ingegno, inanzi che disserri,2
Perch’ella è quella che il nodo disgroppa.
127Da Pier le tegno; e dissemi ch’io erri
Anzi ad aprir che a tenerla serrata,
Pur che la gente ai piedi mi s’atterri.
130Poi pinse l’uscio alla parte sacrata,
Dicendo: Entrate; ma facciovi accorti,
Che di fuor torna chi in dietro si guata.
133E quando fur ne’ cardini distorti3
Li spigoli di quella regge sagra,4
Che di metallo son sonanti e forti,
136Non ruggì sì, nè si mostrò sì agra5
Tarpea, quando tolto li fu ’l buono
Metello, perchè poi rimase magra.6
139Io mi rivolsi attento al primo tuono,
E Te Deum laudamus mi parea
Udir in voce mista al dolce suono.
- ↑ v. 122. C. A. diritta
- ↑ v. 125. C. A. avanti
- ↑ v. 133. C. M. discorti
- ↑ v. 134. Regge; reggia, come lebbre e lebbra, semente e sementa. E.
- ↑ v. 136. C. A. Nè rugghiò si,
- ↑ v. 138. donde poi