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22Et esser mi parea là dove foro
     Abbandonati i suoi da Ganimede,
     Quando fu ratto al sommo consistoro.
25Fra me pensava: Forse questa fiede1
     Pur qui per uso, e forse d’altro loco
     Disdegna di portarne suso in piede.
28Poi mi parea che più rotata un poco,
     Terribil come folgor descendesse,
     E me rapisse suso insin al foco.
31Ivi pareva ch’ella et io ardesse,2
     E sì l’incendio imaginato cosse,
     Che convenne che il sonno si rompesse.
34Non altramente Achille si riscosse,
     Li occhi svelliati rivolgendo in giro,
     E non sapendo là dove si fosse,
37Quando la madre da Chiron a Schiro
     Trafugò lui dormendo in le suoe braccia,
     Là onde i Greci poi il dipartiro,
40Che mi scossi io, sì come da la faccia
     Mi fuggì il sonno e diventai smorto,
     Come fa l’om che spaventato agghiaccia.
43Da lato m’era il solo mio Conforto,
     E il Sol era alto già più che du’ ore,
     E il viso m’era a la marina torto.
46Non aver tema, disse ’l mio Signore:
     Fatti sicur, che noi semo a buon punto:
     Non stringer; ma rallarga ogni vigore.
49Tu sei omai al Purgatorio giunto:
     Vedi là il balzo che ’l chiude d‘intorno:
     Vedi l’entrata dove par disgiunto.

  1. v. 25. C. A. Io dicea fra me stesso: Questa fiede
  2. v. 31. C. A. Quivi pareva