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130Venimmo poi in sul lito diserto,1
Che mai non vidde navigar su’ acque
Om che di ritornar sia poscia sperto.
133Quivi mi cinse, sì come a lui piacque:
O meravillia! che qual’elli scelse2
L’umile pianta, cotal si rinacque
136Subitamente là ond’ei la svelse.
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C O M M E N T O
C. I — v. 1-6. In questi due primi ternari lo nostro autore fa esordio a questa seconda cantica, proponendo la materia de la quale dè trattare; et usa qui uno colore che si chiama da Tullio nella sua Retorica permutazione, e fassi quando si transumo tutta l’orazione, come avale 1: imperò che s’intende così: Per correr; cioè per trattare, millior acqua: cioè materia, che non abbo trattato innanti, ove trattai de la pena dei dannati, la quale benché per rispetto di loro non sia buona, è buona in sè per rispetto di iustizia punitiva, e per rispetto di Dio che l’à ordinata; ma questa è milliore, perchè è purgativa, et è buona per sè e per rispetto di Dio e dei purgati, alza le vele; cioè lo modo del dire: imperò che come la vela mena la nave per mare; così lo modo del dire atto a la materia conduce la materia al suo fine. Et è qui da notare che ne la prima cantica usò l’autore infimo stilo, in questa seconda usò lo mezzano, e ne la terza usò lo sublime. Omai; cioè in giù mai, la navicella del mio ingegno; cioè la facultà e possibilità del mio ingegno: imperò che come la nave è atta a portare proporzionato carico; così lo ingegno umano, materia conveniente alla sua facultà, Che; cioè la quale navicella, lascia dietro a sè mar sì crudele; cioè la materia dello inferno de la quale à trattato infine a questa, ne la quale nulla remissione è; e però lo chiama crudele. E canterò; cioè io Dante dirò in versi, lo quale dire è cantare, di quel secondo regno; cioè del purgatorio lo quale chiama regno, perchè quive regnano gli angeli, come nell’inferno li dimoni, Dove l’umano spirito si purga; de le colpe commesse nel mondo, E di salir al Ciel diventa degno; purgandosi de le colpe. Ecco che à proposta la mate-
- ↑ Avale significa ora. E.